venerdì 21 dicembre 2012

La serata per le "Poesie religiose" di Mario Rapisardi alla Società di Storia Patria di Catania

 


 


 
        

 La serata per le "Poesie religiose" di Mario Rapisardi alla Società di Storia Patria di Catania

La partecipazione di un folto e qualificato uditorio, con persone provenienti anche da lontane città di Sicilia, ha coronato di successo, nella sede della Società di storia Patria per la Sicilia Orientale di Catania, la presentazione, il 19 dicembre u.s. del libro "Poesie religiose" del poeta ottocentesco Mario Rapisardi, volume a cura dello studioso Francesco Giordano, che ne ha promosso la pubblicazione.
Fu una serata di omaggio all'illustre Vate della Poesia italiana nel secolo illuminato che vide il trionfo delle grandi idealità, quali il positivismo, il nascente socialismo, la Giustizia sociale, le visioni d'Arte del Vero, del Bello. Con tale spirito è stato commemorato non solo il libero pensatore Rapisardi nel centenario anno della morte (1912-2012), ma anche si vòlle scegliere la raccolta di liriche unanimemente ritenuta, da critici e grande pubblico, la più tersa e bella, nella sua visione pànica dell'Universo.
Sulle "Religiose", edite per la prima volta a Catania nel 1887 dal Tropea, ora ripubblicate mercè la passione dell'Editore Angelo Boemi (l'edizione qui proposta ha fra l'altro valore unico poichè presenta un acquerello inedito del Poeta ed una pagina autografa, nonchè è verificata sui manoscritti), dissertarono il poeta e scrittore Salvatore Camilleri, che nel 1944 pubblicava un "numero unico" commemorando Rapisardi nel centenario della nascita:  la sua passione e valenza di critico e testimone vivo di sessant'anni di storia locale, ha reso coinvolgente la narrazione.
Così Francesco Mannino di Storia Patria, ha voluto precisare che il 'ciclo rapisardiano' apertosi a novembre con la lectio alla Biblioteca Civica ex benedettina, si chiuse per questo 2012 con altro appuntamento rapisardiano. infine il giornalista Santo Privitera non ha mancato di rilevare il ruolo di Rapisardi nel contesto storico.
Francesco Giordano, che si disse "sacerdote del Verbo rapisardiano", leggendo "Conforto", una delle liriche del Vate, ne inquadrò la figura fulgida non solo quale apostolo di Libertà e missionario della autentica Poesia, ma anche nella purezza della classicità onde sgorgarono le sue liriche, intrise altresì di quella visione filantropica e massonica (di cui il Poeta fu adepto) la quale, se fu antisistema, non venne meno all'amore del letterato per il Cristo. Inoltre egli ha rimarcato l'ardente sicilianismo, pur nel contesto dell'unità nazionale, del Rapisardi, i cui discepoli furono sovente tra i fautori e sostenitori, decenni dopo, dell'indipendentismo siciliano.
Qui il video riassuntivo della serata, già pubblicato su Youtube:
https://www.youtube.com/watch?v=8G-7-Lx1BZs

Qui l'articolo affettuoso e attento che il prof.Antonino Blandini, gradito ospite insieme alla gentile consorte, ha scritto sull'evento, pubblicato sul quotidiano "La Sicilia" del 2 gennaio 2013:

Le poesie religiose di Mario Rapisardi
Concluso l'anno 2012, dedicato al centenario della morte di Mario Rapisardi. Nell'aula della biblioteca della Società di Storia Patria - uno dei pochi enti morali di grande prestigio che con il nuovo anno non chiuderà i battenti, sfidando la crisi economica e morale nemica della cultura - il giornalista Santo Privitera, il poeta e scrittore Salvatore Camilleri e lo stesso Giordano hanno illustrato, a un pubblico di studiosi e di cultori di storia patria, l'intramontabile valore lirico delle poesie religiose, frutto purissimo dell'anima sdegnosa del "grande Solitario", così definito dal premio Nobel per la letteratura Grazia Deledda. Il dott. Privitera ha tracciato un bilancio delle celebrazioni rapisardiane a Catania. Il prof. Camilleri ha ricordato di essere stato il primo nel Dopoguerra a pubblicare, nel febbraio 1944, nel centenario della nascita, il numero unico, ormai introvabile, dedicato al positivista e repubblicano Rapisardi, il più grande poeta che ha avuto la Sicilia e uno dei maggiori a livello nazionale, fondatore e preside della facoltà di lettere senza essere laureato, grazie alla lungimiranza di un illustre ministro della pubblica istruzione, Francesco De Sanctis. Il dott. Giordano, autore oltre che dell'introduzione anche di una stimolante postfazione intitolata "Il Prometeo incatenato di Catania", ha ripercorso la complessa e travagliata parabola artistica della "nebulosa" di Rapisardi, uomo schivo e riservato, battagliero e spregiudicato negli scritti, profetizzato "precursore" da Victor Hugo, l'"arcangelo umanato", com'egli si compiacque definirsi, che ebbe il coraggio di ridiscutersi sino alla fine e di invocare ne ‘L'impenitente' "il tuo sospiro, il tuo perdono, o Cristo", segno del suo cristianesimo laico, mai rinnegato anche nella crisi più profonda della sua religiosità, facendo ammenda dei colpi dati allorché scrisse, nel ripubblicare nel 1906 il ‘Lucifero' messo all'Indice, "Sinceramente mi dolgo se ho offeso la sensibilità religiosa dei cristiani" (Antonino Blandini).

lunedì 17 dicembre 2012

Presentazione del libro "Poesie religiose" di Mario Rapisardi, Società di Storia Patria, Catania 19 dicembre 2012 ore 16,30



La Società di Storia Patria
per la Sicilia Orientale
 
è lieta di invitare la S.V.

alla presentazione del libro

"Poesie religiose" di Mario Rapisardi
a cura di Francesco Giordano, Boemi Editore
 
19 dicembre 2012, ore 16,30
 
Relazionerà il curatore del libro, Francesco Giordano (Storico). Interverranno Salvatore Camilleri (Poeta e Scrittore), Santo Privitera (giornalista), Angelo Boemi (Editore).
Saranno letti brani dalle opere rapisardiane.
 
 

 

Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale
Palazzo Tezzano, piazza Stesicoro 29
95121 Catania, tel. 095316920
www.storiapatriacatania.it


giovedì 13 dicembre 2012

La serata su Domenico Tempio alla Società di Storia Patria di Catania



 
 



Il 5 dicembre nella sede prestigiosa della Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale di Catania, riaperta alla città dopo lungo oblìo, è stato presentato, nell'ambito delle manifestazioni "Dicembre a palazzo Tezzano", il libro "Domenico Tempio cantore della Libertà", di Francesco Giordano, Akkuaria Edizioni. Sono intervenuti Francesco Mannino (Società di Storia Patria), Vera Ambra (Editore), Santo Privitera (giornalista e scrittore). L'attrice Marta Limoli ha letto con fascinoso pathos, "La Libirtà" e "La Libraria", poesie tempiane. Ha relazionato l'Autore, intorno alla figura e l'opera del grande Poeta settecentesco della "Nazione Siciliana", illuminista e illuminato.

Riportiamo di seguito l'attenta e sapiente cronaca dell'evento, scritta dalla brava giornalista Perla Maria Gubernale per CtZen http://ctzen.it/2012/12/09/micio-tempio-poesia-morale-e-versi-vastasi-un-rivoluzionario-della-liberta-dimenticato/ :

Micio Tempio, poesia morale e versi vastasi
 Un «rivoluzionario della libertà» dimenticato

Di Perla Maria Gubernale | 9 dicembre 2012
Conosciuto per i suoi componimenti erotici e per qualche storiella colorita, il catanese Domenico Tempio è stato il più grande poeta siciliano del Settecento, annoverato tra i migliori innovatori di sempre, maestro di rivolta letteraria, satira contro il potere e libertà linguistica. A quasi 200 anni dalla morte, un libro – scritto da Francesco Giordano – rivela gli aspetti sconosciuti del «Dante di Sicilia», nascosti da tempo, censure e pregiudizi

«Rivoluzionario della libertà, poeta della modernità, autore per eccellenza della lingua siciliana e cantore della nostra Catania». Così lo studioso catanese Francesco Giordano definisce Domenico Tempio, poeta etneo vissuto nella seconda metà del Settecento e oggi, dopo un lungo periodo di censura ed oblio, conosciuto per lo più per i suoi versi erotici e licenziosi in dialetto siciliano. Ma molti non sanno che Micio Tempio, così lo chiamano i suoi concittadini, insieme al palermitano Giovanni Meli, fu il più importante poeta siciliano del suo tempo, oltre ad essere considerato uno tra gli autori più riformatori e moderni di sempre. La sua penna, infatti, non tracciava sul foglio solo componimenti libertini, ma fustigava i costumi dell’epoca con la più pungente delle satire, analizzando e criticando la società e i suoi protagonisti, condannando falsità e ipocrisie. E che, per il suo capolavoro, La Carestia (un poemetto in venti canti pubblicato postumo), fu definito dalla critica moderna il «Dante di Sicilia».

Eppure, ancora oggi, per i catanesi Domenico Tempio è noto solo per le «poesie vastase», per qualche storiella dai toni coloriti e per un mezzo busto dal naso scalfito tra i vialetti del Giardino Bellini. Ma c’è molto di più. A fare emergere gli aspetti sconosciuti – o dimenticati – della figura tempiana, a quasi 200 anni dalla sua morte, un volume dal titolo Domenico Tempio cantore della libertà, scritto proprio dallo storico e studioso Francesco Giordano e presentato mercoledì pomeriggio nella sede della Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale. «Per molto tempo – spiega l’autore – Tempio fu definito un poeta pornografo, ma i versi licenziosi, mai fini a loro stessi, gli servivano in realtà a rompere gli schemi e ad incitare alla ribellione quella che allora era la borghesia nascente». Per sfatare luoghi comuni e non cedere a falsi moralismi, trattando anche «temi forti, con parole audaci ma che non denigrano», afferma. E che, nonostante le accuse che a lungo perseguitarono la sua poetica, non fu mai antimorale perché «non pubblicò mai gli scritti erotici di sua volontà».

Un «poeta della ragione» che non deve e non può essere «catalogato solo come un autore licenzioso», spiega Santo Privitera, scrittore e moderatore dell’incontro. Fama che gli si è attaccata addosso per quasi tutto l’Ottocento e metà del Novecento, periodo in cui parte delle sue opere subì la censura – per essere rivalutata solo dopo la seconda guerra mondiale – e lo scrittore catanese fu lentamente dimenticato. Eppure Tempio è stato un intellettuale molto apprezzato dai suoi contemporanei, che vide grande fama anche in vita. E che oggi, grazie alla sua concezione del rapporto con il potere, è moderno più che mai. «Tutto cambia per non cambiare nulla»: sembra scritto oggi, ma a vergare queste parole è stata la sua penna più di due secoli fa. Per questo, secondo Privitera, «la sua figura deve essere rivalutata e i suoi scritti diffusi a partire dall’insegnamento nelle scuole».

«Era un appassionato della vita e della poesia, per questo scriveva tutto quello che pensava», sottolinea Privitera. Senza contare che «per lui, la poesia erotica era solo un modo per tenersi in allenamento e far divertire gli amici. E invece si rivelò quella che il popolo leggeva di più». Forse anche per la sua scrittura libera e un linguaggio – un «dialetto ricercato» – diretto e vicino ai nobili – che all’epoca non parlavano italiano – ma sopratutto al popolo, di cui criticava ignoranza e mentalità, accostando, in alcune opere, i comportamenti umani a quelli di animali o oggetti. Un modo di scrivere, il suo, «naturale, fatto di libertà e di satira contro il potere». Con il quale fu «giacobino e rivoluzionario dal punto di vista letterario». Nel nome di ogni forma di libertà. Che però, come si legge in calce ad uno dei suoi manoscritti – pubblicati per la prima volta nel volume antologico di Giordano – considerava «un dono micidiale per chi non ha forze e qualità bastanti a poterla sostenere».

Fu proprio la libertà il fulcro della poetica tempiana, nutrita da passione per la poesia e dal pensiero illuministico e che in quel tempo si andava formando anche tra gli intellettuli etnei. E in cui si sviluppò la sua forma mentis. Tempio, infatti, nato nel 1750, «si formò nel pieno fervore di ricostruzione architettonica (la città esce da due catastrofi spaventose: l’eruzione dell’Etna nel 1669 e il terremoto del 1693) e culturale», spiega Giordano. Qui, Tempio, inizialmente indirizzato agli studi in seminario – che poi lascio per quelli umanistici – ebbe «insegnanti illuminati», entrando in contatto con l’allora vescovo Salvatore Ventimiglia - «uomo attento al risveglio intellettuale della città» – e i «salotti infiammati di cultura» del principe Ignazio Paternò Castello di Biscari, al centro delle «istanze giacobine della massoneria settecentesca, quando la Sicilia era terra di cospirazioini rivoluzionarie e una Catania illuminata faceva parte del circuito della grande cultura europea», sottolinea lo studioso.

Domenico Tempio, allora, fu un personaggio «sulfureo, peccaminoso, che cadde in miseria, visse con i sussidi degli amici e diede scandalo convivendo con la sua cameriera, Caterina, da cui ebbe anche un figlio», racconta Giordano. Con un percorso umano interessante, uno poetico fondamentale e uno «iniziatico molto importante, fatto di simboli massonici e significati occulti, anticlericali ed esoterici». Ancora oggi incompresi e sconosciuti. Ma che, contrariamente a quanto si crede, fu un «poeta morale», conclude l’autore. Perché, come diceva Voltaire, «la morale non sta nella superstizione, ma è la medesima in tutti gli uomini che fanno uso della ragione».


Qui il video della serata, pubblicato su Youtube: http://www.youtube.com/watch?v=oslsRpON490



lunedì 10 dicembre 2012

Presentazione del libro "Musica e musicisti minori catanesi", Catania 12 dicembre ore 16, Società di Storia Patria

 
 
Nella sede della Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale
 
piazza Stesicoro 29, palazzo Tezzano
 
verrà presentato il libro
 
 
"Musica e musicisti minori catanesi
 
tra Ottocento e Novecento
 
di Santo Privitera, Boemi Editore
 
 
12 dicembre 2012, ore 16
 
 
 
 
 
 
Relazionerà l'autore, interverranno Francesco Giordano (storico),
Maria Rosa De Luca (docente universitaria di Storia della Musica),
Angelo Boemi (Editore)

venerdì 30 novembre 2012

Presentazione del libro "Domenico Tempio cantore della Libertà", Società di Storia Patria, Catania 5 dicembre 2012 ore 17

 
 

La Società di Storia Patria
per la Sicilia Orientale
 
è lieta di invitare la S.V.
alla presentazione del libro

"Domenico Tempio, cantore della Libertà"
di Francesco Giordano, edizioni Akkuaria
 
5 dicembre 2012, ore 17
 
Relazionerà l'autore del libro, Francesco Giordano (Storico). Interverranno Santo Privitera (scrittore e giornalista), Vera Ambra (Editore, Presidente Associazione Akkuaria); brani dalle opere tempiane saranno letti dall'attrice Marta Limoli e dall'attore e regista Orazio Aricò
 

Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale
Palazzo Tezzano, piazza Stesicoro 29
95121 Catania, tel. 095316920
www.storiapatriacatania.it

La commemorazione di Mario Rapisardi alla Biblioteca Civica di Catania: il video



Riportiamo il link alla pagina di Youtube  http://www.youtube.com/watch?v=OWJWBZnugJc   ove è il video con alcuni passi salienti della della lectio magistralis su "La figura umana e poetica del professore Mario Rapisardi" (1844-1912), nel centenario della morte, svoltasi nel refettorio piccolo delle Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero, Catania 23 novembre 2012, ore 17: la conferenza è stata anche di credito formativo per gli studenti della Facoltà di Lettere, co-organizzata dalla Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale, Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università di Catania, Fondazione Verga e Centro Culturale Paternò Tedeschi.
Santo Privitera, giornalista e scrittore nonché presidente del Centro culturale Paternò Tedeschi, introduce sulla personalità del Poeta catanese dell'Ottocento; Francesco Giordano, studioso rapisardiano e scrittore di storia patria, commemora il Vate parlando della illuminata sua opera e della grande importanza del personaggio nel XIX secolo, anche in riferimento alla Massoneria. Al centro Rita Carbonaro, direttrice della Biblioteca.
Sono anche intervenuti Francesco Mannino (Società di Storia Patria), Gabriella Alfieri (Fondazione Verga), Salvatore Camilleri (poeta e scrittore), che ha ricordato Rapisardi nelle alterne vicende che lo ebbero protagonista.
Sottofondi musicali: Beethoven, Sinfonia n 5 in do min, I tempo, diretta da Furtwàngler nel 1943; Mozart, Die Maurerfreude (la gioia massonica) k471, cantata.

Hanno scritto cronache della conferenza il quotidiano La Sicilia di Catania del 26 novembre 2012, il quale ha pubblicato il seguente testo:

Mario Rapisardi: i cimeli, la vita e la poetica
Si è tenuta il 23 novembre presso le Biblioteche Riunite "Civica e Ursino Recupero" l'iniziativa "La figura umana e poetica del Professore Mario Rapisardi", organizzata dalla Società di storia patria per la Sicilia orientale, con la collaborazione del Dipartimento scienze umanistiche dell'Università di Catania, delle Biblioteche Riunite "Civica e Ursino Recupero", della Fondazione Verga, del Centro culturale "Vincenzo Paternò-Tedeschi". Nella mattina il pubblico ha potuto visitare il "Museo-Studiolo", di fronte la Biblioteca, dove sono custoditi i cimeli rapisardiani. Nel pomeriggio nel Refettorio Piccolo dei Benedettini, l'iniziativa è stata aperta dai saluti della dott. Carbonaro, direttrice della Biblioteca stessa, e del dott. Mannino, membro della Società. La prof. Alfieri, presidente del Consiglio scientifico della Fondazione Verga, ha detto di ritenere indispensabile il procedere sulla strada dello studio e dell'approfondimento degli intellettuali locali. L'iniziativa è proseguita in un gradevole alternarsi di interventi e di letture degli scritti di Mario Rapisardi, curate dagli attori Orazio Aricò e Marta Limoli. Così l'introduzione del dott. Santo Privitera, anche a nome del Centro Culturale "Vincenzo Paternò-Tedeschi", che ha sottolineato l'importanza di tale iniziativa nel contesto del centenario della scomparsa del poeta. Così anche l'intervento del prof. Salvatore Camilleri (poeta e scrittore), che ha messo in evidenza il nucleo del pensiero del maestro catanese. L'intervento del dott. Francesco Giordano ha concluso l'iniziativa, inquadrando Rapisardi nel suo tempo, quel fine secolo XIX e gli albori del nuovo, di cui tutto l'impegno culturale e sociale del poeta furono testimoni e ancora rappresentano un punto di vista illuminato e profondo dell'epoca.


nonchè il giornale online CtZen (http://ctzen.it/2012/11/23/mario-rapisardi-un-prof-prima-che-un-viale-dimenticato-per-damnatio-memoriae/), con una brillante e simpatica intervista a cura di Desireé Miranda:

Mario Rapisardi, un prof prima che un viale
 «Dimenticato per damnatio memoriae»

Di Desirée Miranda | 23 novembre 2012

Un evento per ricordare Mario Rapisardi, poeta e uomo di cultura nella Catania dell’Ottocento. Si terrà questo pomeriggio nel refettorio delle biblioteche riunite Ursino-Recupero, al monastero dei Benedettini, dove il professore Rapisardi ha insegnato per molto tempo. Bistrattato e dimenticato a lungo, per la maggior parte dei catanesi è solo uno dei viali cittadini, ma non per tutti. Vittima della critica e della sua timidezza, secondo gli studiosi o lo si ama o lo si odia

«La figura umana e poetica del professore Mario Rapisardi». È questo il titolo del convegno organizzato  dalla società di Storia patria per la Sicilia orientale nel refettorio piccolo delle Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero dell’ex Monastero dei Benedettini per questo pomeriggio alle 17. Un’occasione per ricordare «quello che fu definito il poeta della giustizia e della libertà da Edmondo De Amicis», come dice lo studioso rapisardiano Francesco Giordano. Un evento per parlarne in occasione delle celebrazioni per il centenario della sua morte. Sono trascorsi infatti cento anni dal 4 gennaio del 1912, ma se la sua Catania non lo ha ricordato adducendo motivazioni pecuniarie e molti dei suoi concittadini lo conoscono solo come uno dei più grandi e importanti viali cittadini, altri hanno deciso di organizzare una serie di eventi dedicati.

«Se non lo facciamo noi chi dovrebbe?», afferma Francesco Mannino, coordinatore dell’iniziativa. «La nostra associazione, che è centenaria, nasce proprio con lo scopo di occuparsi di cultura e studiosi locali», aggiunge. L’obiettivo è chiaro: rinnovare l’interesse per lo studioso, «importante perché è stato osservatore del nostro territorio e ci aiuta a capire cosa accadeva in una Catania non troppo remota», dice ancora Mannino.

«Troppo spesso è stato bistrattato o dimenticato volutamente – spiega Giordano – eppure nell’Ottocento era considerato uno dei più grandi pensatori e scrittori europeo», continua. Con l’inizio del nuovo secolo però tutta cambia per almeno due motivi secondo lo studioso rapisardiano che parla di damnatio memoriae: «Da una parte una sorta di complotto contro di lui in quanto repubblicano anche dopo l’unità d’Italia, quindi non ebbe il supporto della critica. Dall’altro era timido di carattere e soccombette al’’attacco sia di Giosuè Carducci che da Benedetto Croce supportati dalla critica».

E quale miglior luogo per parlare di Mario Rapisardi se non il monastero dei Benedettini? Qui ha insegnato per molti anni e c’è anche un museo dedicato e visitabile ogni mattina, in cui c’è tutto ciò che era presente nel suo studio. «O lo si ama o lo si odia – dice Rita Carbonaro, direttrice delle biblioteche riunite –  La sua anima aleggia nel Monastero e punisce i suoi detrattori», conclude.


Infine una immagine dei 'rapisardiani': da sinistra a destra, Francesco Giordano, Salvatore Camilleri, Marta Limoli, Orazio Aricò, Santo Privitera e Rita Carbonaro.




sabato 24 novembre 2012

La conferenza su Mario Rapisardi nel primo centenario della scomparsa alla Biblioteca Civica ex benedettina di Catania

 
 
 




Riportiamo il comunicato stampa della Società di Storia Patria della Sicilia orientale, relativo alla conferenza sulla figura umana e poetica di Mario Rapisardi, tenutasi ieri alla Civica Biblioteca di Catania:

Si è tenuta il 23 novembre presso le Biblioteche  Riunite “Civica e Ursino Recupero” l’iniziativa “La figura  umana e poetica del Professore Mario Rapisardi”, organizzata dalla Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale, con la  collaborazione del Dipartimento Scienze  Umanistiche dell’Università di Catania, delle Biblioteche Riunite “Civica e Ursino Recupero”, della Fondazione Verga, del Centro Culturale “Vincenzo Paternò-Tedeschi”.  Nella mattina il pubblico ha potuto visitare il “Museo-Studiolo”, di fronte la Biblioteca, dove sono custoditi i cimeli rapisardiani.

 Nel pomeriggio nel Refettorio Piccolo dei Benedettini, sala interna alla Biblioteca gremita di pubblico, l’iniziativa è stata aperta dai saluti del Senatore Fleres (Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Ursino-Recupero), riportati dalla dott.ssa Carbonaro, direttrice della Biblioteca stessa, e dei professori Iachello e Giarrizzo (rispettivamente presidente della Società di Storia Patria e accademico dei Lincei), portati al consesso dal dott. Mannino, membro della Società.

La prof.ssa Alfieri, Presidente del Consiglio Scientifico della Fondazione Verga, ha salutato con favore l’evento, ritenendo indispensabile il procedere sulla strada dello studio e dell’approfondimento degli intellettuali locali, figure fondamentali nel panorama culturale italiano e internazionale.

L’iniziativa è proseguita in un gradevole alternarsi di interventi appassionati e informati e di letture degli scritti di Mario Rapisardi, curate dagli attori Orazio Aricò e Marta Limoli. Così l’introduzione del dott. Santo Privitera, anche a nome del Centro Culturale “Vincenzo Paternò-Tedeschi”, che ha sottolineato l’importanza di tale iniziativa nel contesto del centenario della scomparsa del poeta.

Così anche l’intervento approfondito sulla poetica rapisardiana del prof. Salvatore Camilleri (poeta e scrittore), che in una coinvolgente disamina ha saputo mettere in evidenza ai giovani, agli studiosi e agli appassionati presenti il nucleo del pensiero del maestro catanese.

L’intervento del dott. Francesco Giordano ha concluso l’iniziativa, inquadrando Rapisardi nel suo tempo, quel fine secolo XIX e gli albori del nuovo, di cui tutto l’impegno culturale e sociale del poeta furono testimoni e ancora rappresentano un punto di vista illuminato e profondo dell’epoca.

La Società di Storia Patria, istituzione che da più di un secolo è impegnata nella promozione degli studi della cultura siciliana, oltre che nella conservazione e divulgazione delle pubblicazioni e dei documenti ad essa relativi grazie anche alla sua biblioteca di piazza Stesicoro (palazzo Tezzano), procederà con nuove iniziative nelle prossime settimane.
(Nella foto di Gianni De Gregorio, il tavolo dei relatori)

venerdì 19 ottobre 2012

Salvatore Camilleri poeta e filologo alla libreria Prampolini di Catania in ricordo di "Arte e Folklore di Sicilia", a cura del Circolo Paternò Tedeschi

 
 
       

Salvatore Camilleri poeta e filologo alla libreria Prampolini di Catania in ricordo di "Arte e Folklore di Sicilia", a cura del Circolo Paternò Tedeschi

Una serata fra numerosi  amici in onore della poesia e della letteratura siciliana: può così definirsi l'incontro svoltosi il 19 ottobre, nei locali (rinnovati dai giovani della nuova gestione) della libreria Prampolini di Catania, antico luogo di ritrovo e tra le più vetuste rivendite di libri italiche. L'occasione, organizzata da quel poliedrico mecenate che è Santo Privitera, anima del circolo culturale "Paternò Tedeschi" il quale, da oltre un venticinquennio, persegue in modo coerente e sentito l'amore e la propagazione per la cultura siciliana e i suoi più celebri rappresentanti, fu la presentazione della raccolta in volume, edita da Angelo Boemi, eclettico editore-sognatore e 'discepolo' di Romeo Prampolini (anche 'raccontatore' di vicende patrie, vedasi l'appena edito libro "Storia di Catania"), della rivista "Arte e Folklore di Sicilia", stampata ai tempi a cura dell'omonimo circolo creato dal fu attore Alfredo Danese. E Danese venne ricordato, con la creatività poetica che seppe manifestare in multiformi modi, dalle parole appassionate di Gianni Sineri attore e capocomico (figlio dell'indimenticabile Ciccino e della moglie valentissima attrice, Sara Micalizzi). Ricordiamo bene il teatrino di via Feletti, 'covo' di Danese (che ivi si esibiva) e dei cultori della sua Associazione: molti nomi noti vi transitarono, fra cui ci piace ricordare quel nobiluomo che fu il sacerdote padre Antonio Corsaro, poeta e splendido intellettuale.
Fu dedicato ampio spazio, in una sorta di 'intervista verità' a cura di Santo Privitera, al professore Salvatore Camilleri, illustre filologo e studioso della lingua siciliana, saggista e poeta: con quest'ultimo termine, inteso nel senso di creatore di versi, egli preferisce essere appellato, nella freschezza invidiabile della favella che, ultra nonagenario, sciorina con ardore di ventenne ad ogni appuntamento lo si vuole rendere protagonista, riconoscendogli il ruolo importante che ha avuto e si è costruito negli ultimi sessanta anni quale assertore e difensore della cultura e della linguistica di Sicilia. A parte i saggi su Antonio Veneziano e Giovanni Meli, di Salvatore Camilleri, conosciuto urbi et orbi per la versione moderna del "cuntu" della "Barunissa di Carini", rimangono a parer nostro due libri fondamentali: il vocabolario Italiano-Siciliano, opera unica nel suo genere (edito da Greco), e la Grammatica siciliana (edita da Boemi), che dovrebbe come è auspicabile, essere adottata quale libro di testo nelle scuole a' fini di insegnamento della nostra lingua nativa, genitrice di quella italica.
Le note del violinista Pirrotta, del chitarrista Filogamo e del mandolino di Santo Privitera intonanti le melanconiche nènie della antica terra sicàna, conchiusero la serata, fòlta di partecipanti e appassionati, che riconferma la perenne vivacità intellettuale di Catania e la tradizione vivissima della nostra storia.
                                                                                         FGio

Nella foto: Santo Privitera e Salvatore Camilleri

martedì 25 settembre 2012

Ricordando Vincenzo Bellini



      

    Ricordando Vincenzo Bellini

A Catania la primavera è eterna, come l'autunno. Estate è vaghezza di sàlse acque, di immemorabili ombre; ma le stagioni gentili sono uniche. E doveva essere continua la primavera nell'anima di quel fanciullo biondo, se è vero come affermò il siciliano Empedocle, che il sangue è sede dell'anima, rispondente al nome di Vincenzo Bellini.   Occhi come il cielo, riccioli del colore d'Iperione, carnato candido, non si poteva non amarlo, il figlio del maestro di musica Don Rosario, e di Donna Agata dei Ferlito. Il nonno lo accoglieva quindicenne in casa sua (era numerosa la prole in casa Bellini), ed avevano mutato dimora un pajo di volte: sempre rimanendo però intorno al Corso, la strada Reale che fu il fulcro di ogni vicenda cittadina. Vincenzo, o meglio 'Nzuddu come lo appellavano, viveva col nonno, noto musico di casa Biscari e di altre comunità religiose: in via Santa Barbara alta, a ridosso del muro della 'reggia', del Monastero dei Padri Benedettini. Sovente il fanciullo, che tutta Catania amava poichè era già noto sia per arie in forma d'orchestra (Ombre pacifiche, per nozze, la scriveva allora), sia per composizioni religiose vergate sin dall'età di sette anni, sia per alcune Messe che andava componendo, si recava col papà o coll'avo a Santa Nicola, nella chiesa dei monaci, per suonare l'organo maestoso a cinque tastiere e quasi tremila canne. Donato Del piano il costrutore, sepolto sotto, ne fremeva d'orgoglio.
Ogni tanto saliva in sull'erta del Monastero, attraverso i 120 gradini della scaletta a chiocciola, e contemplava la città tutta, il mare l'Etna e l'orizzonte: sentiva il profumo della gloria. Scrisse anche musica per organo, infatti, seppure oggi poco nota. Anche dalle Suore del vicino Convento delle Benedettine di via Crociferi egli si recava, insieme con i genitori; e pure alla Trinità, dalle altre Benedettine: tutte committenze utili e che colmavano il ragazzo di piacevoli diletti e dolci.   Gli spazi del fanciullo e del ragazzo erano tutti lì, in quelle vie barocche e a notte, buje: tra la 'vanella dello spirdo' e le chiese numerose, silenti, dense di religiosità autentica. Anche nella via che oggi si chiama Politi, sede del primo amore del nostro, la dolce Marianna, figlia del notaio: per lei il dodicenne scriveva la didascalica 'farfalletta'. L'abate Ferrara, insigne storico, guardava il ragazzo con l'occhio benevolo del precettore. Quando egli lo portava con sé nella Biblioteca benedettina, a sfogliare le carte musicali dei religiosi, Vincenzo sentiva l'afflato, immettendosi nel piccolo refettorio e poi nella sala Vaccarini, del tempo immemorabile: dentro l'animo muto, si commuoveva.
Nella primavera di 'Nzuddu c'era l'Amore, Sant'Agata, la mamma e la famiglia: non lo si dimentichi mai. Nelle sue lettere egli torna spesso su una parola che nel secolo XX seconda parte, assunse brutta significanza, ma che all'epoca era orgoglio pròfferire: "L'onore, l'onore... l'onore siciliano". Questo biondo genio che si avviava a riassumere in sè i caratteri del romanticismo e della perfezione, che la morte stroncava nel pieno del successo e che gli ideali innalzarono con la purezza delle note, nell'olimpo della gloria, era orgoglioso di essere siciliano e di cotanto onore. "In pochi artisti potremmo trovare così ben definita l'impronta della razza e della terra nativa, come in questo catanese", ha scritto nella celebre biografia, Luisa Cambi. E se egli col passare degli anni vòlse al pratico ciò che sapeva essere una dote divina, gli è che la famiglia era il suo primo pensiero, così la consapevolezza di essere di cèppo umile, per cui doveva provvedere, come le formiche, alla bisogna. I principi del Pardo, i Sammartino che primieri lo ajutarono con la sovvenzione del Comune che gli diede la possibilità di studiare al San Sebastiano di Napoli, facevano parte di quella eletta schiera (estinta dopo l'Unità) di nobiltà che era tutt'uno col popolo. Ed erano anche Frammassoni, come lo era quasi certamente il nonno Vincenzo Tobia, sodale dei Biscari: il ragazzo meritava anche per riguardo all'avo.  Infatti poco dopo a Napoli, ancorchè poi se ne sciogliesse in una uscita concertata col direttore del Conservatorio, Bellini si affiliò alla Carbonerìa: 'peccato' che comunque, se si riflette sulla natura politica e spirituale della liberalità del suo animo, rimase nella storia umana del nostro come segno di amore fraterno per la libertà. Non era Bellini persona da dimenticare i giuramenti prestati all'ombra delle 'vendite', nè sul Vangelo. Cattolicissimo, la sera di quella primavera prima di partire per Napoli, nel 1819, piangeva con stretta l'immagine di Sant'Agata: così lo trovava la 'mammuzza'. E con l'immagine della nostra vergine sempiterna in cuore, certamente egli s'involava nella tragica sera del 23 settembre 1835: "sempre ritornante in terra come la primavera...in una sola forma di bellezza giovenile" (G.D'Annunzio).
Catania lo ricorda ogni anno: premio a lui intitolato, opere notevoli (Wagner diceva che solo Bellini e la sua Norma lo facevano fremere e nessun'altra opera italiana...). A noi piace pensare a 'Nzuddu come allora, fanciullo vagante nella notte tra il profumo de' gelsomini ed i barocchi palazzi della Strada Reale (ora via Vittorio Emanuele); lo rivediamo spesso, chiudendo gli occhi ed anche passando  le mani su le pietre antiche, che egli calcò; il corpo giace poco distante, in Duomo, la cara decorazione della Legion d'Onore francese è addosso alla splendida Sant'Agata; col cuore gònfio di quella "Ninfa gentile", la malinconìa, che accompagnò sempre l'anima sua per l'etere, e rimane come soffio intramontabile.
F.Gio

martedì 31 luglio 2012

L'Anfiteatro di Catania chiuso da tre mesi al pubblico: vergogna!






Come altre poche città al mondo, la nostra Catania ha la fortuna di possedere tesori architettonici di unicità mondiale; e in quanto inimitabile comunità civica, in essa accade che detti monumenti, i quali son patrimonio dell’umanità, debbano a volte essere sottratti alla pubblica visibilità per imperscrutabili, ma palesi, volontà di chi li gestisce. Così accade all’Anfiteatro romano di piazza Stesicoro, insigne opera del periodo augusteo, risorto a novella Luce nel XX secolo mercé l’opera di menti illuminate da sapienza: la mala segnorìa di dantesca memoria forse vuole che esso sia afflitto da destini tristi, per esser caduto in mani non capaci di amministrarlo? L’osservazione è d’obbligo.

Ad aprile di quest’anno, come ampiamente documentammo nel nostro blog “Lettere Catinensi”, la Sovrintendenza regionale che ha l’affidamento dei monumenti di Catania, quindi anche dell’Anfiteatro, ha svolto la lodevole manifestazione detta anche “Settimana della Cultura”: con le sue luci ed ombre, che abbiamo evidenziato in quella sede. Tra le note positive una indagine prospettica dell’Anfiteatro frutto di studio di giovine entusiasta; partecipammo agli incontri anche perchè parte in causa, ossia autore chi scrive codeste noterelle, dell’unica monografia sul vetusto monumento mai pubblicata, edita da Boemi nel 2002 (poi prestamente seguita da altre similari opere).  Ebbene proprio in quei giorni che dovevano segnare, come in effetti accadde,un flusso maggiore dei già moltissimi turisti italiani e stranieri i quali si fermano a Catania quel tanto che basta per visitare i monumenti dell’antichità classica e del barocco, l’anfiteatro venne chiuso al pubblico (prima è stato aperto con ingresso gratuito e vigilato da un custode appositamente alloggiato nella baracchetta di metallo all’interno del sito), con la seguente spiegazione: un pezzetto della cornice d’ingresso ha ceduto, e la giustificazione data fu gli “accertamenti tecnici”, come documenta la nostra foto di allora. Lo facemmo presente, attendendo altresì gli eventi.

Son passati tre mesi, durante i quali uomini dal carattere forte conquistarono intere nazioni d’Europa nel corso del secondo conflitto mondiale; tre mesi in cui la vita dell’uomo nel singolo aspetto può avere mutazioni immense, ma non per i gerenti, o gerònti, della Soprintendenza regionale ai monumenti sezione di Catania. Un cambiamento c’è stato,  lo si può notare raffrontando le due immagini da noi scattate: l’avviso a stampa appeso provvisoriamente alle transenne, per le intemperie dei giorni, cadde e volò.   Solo questo.   Le decine di migliaja di turisti che si affacciano dalle cancellate artistiche di piazza Stesicoro rimangono solinghi, muti e attoniti innanzi alla panoramica bellezza del lacerto di teatro antico visibile, unico nel suo genere dopo il Flavio della città eterna, ma non possono accedervi poiché sinora permane, inspiegabilmente, la chiusura.

Come ogni cronista che si rispetti, della vecchia scuola di coloro che camminano lento pede, ci recammo il 24 luglio u.s. nei locali di via Vittorio Emanuele ove si accede al Teatro greco-romano, quello sempre aperto e visitabile, per chiedere lumi.  All’allargare le braccia dei quattro custodi ci venne indicato il dirigente che poteva informarci, nella persona del dottor Chiavetta. Alla nostra domanda, egli si mostra subito con fare nervoso, e ci fornisce la spiegazione di tre mesi prima: il danno ad uno dei capitelli non permette l’accesso al pubblico, è stata stilata una perizia tecnica. Tutto qui. Nessun problema se i turisti, o il cittadino comune, rimangono impediti alla visita. Si fece cenno da parte nostra che, data la tenue entità del danno la cui criticità minima è visibile ad ognuno, il problema poteva essere risolto in pochissimi giorni con semplici interventi di muratura: irritazione dell’interlocutore. Al nostro sollevare la questione volterriana, se cioè la grande creatrice di verità sia la menzogna, il predetto funzionario si altera alquanto e tronca la conversazione non volendo più “discutere con lei”, come se avessimo toccato il classico nervo scoperto della situazione.  Il cronista, vigilante in nome del sovrano popolo, saluta rispettosamente e va via, non dimenticando di avvertire che ciò sarà debitamente riportato per iscritto. Come qui accade.
Il lettore sappia che la vox populi, ossia le suggeriture le quali al viandante che raccoglie informazioni giungono da fonti interne ed esterne agli addetti ai lavori, nàrrano di problemi notevoli tra la dirigenza della Sovrintendenza ed il personale di custodia ai monumenti, di liti intestine che han portato alla situazione di cui sopra. Ma anche non volendo far dietrologìa occulta, la soluzione potrebbe essere semplice, preso per vero ciò che il funzionario ha comunicato non a noi, ma all’umanità: conoscendo lo stato delle cose e la recente istituzione del cosiddetto “Parco Archeologico” in cui l’Anfiteatro è incluso, potrebbe anche darsi che per un intervento riparatorio che abbisogna al massimo di un muratore esperto, dopo la perizia tecnica si attenda il relativo finanziamento da parte della Regione Siciliana, poi vedremo di che entità esso possa essere se ci sarà e questa non si riveli soltanto una ipotesi campata in aria, il quale sblocchi finalmente l’impasse e consenta l’uso di un monumento che non è proprietà di pochi plutocrati, ma di tutto il mondo, màssime dei cittadini di Catania che duemila anni fa lo costrùssero.  Non si dimentichi che siamo già in campagna elettorale per le elezioni regionali siciliane, forse ciò ha qualche significato in merito ai fatti narrati. Questa la vicenda.

La quale noi garbatamente riassumiamo con un solo termine, che non usa più poiché desueto e però efficacissimo un tempo come oggi, facendolo veleggiare qual bandiera trista su le cervìci di chi dovrebbe essere al servizio della cittadinanza che paga le tasse regionali, quindi gli stipendi sovente abbondanti, di lorsignori e dei politici: vergogna, vergogna… vergogna.

Francesco Giordano

Pubblicato su: http://www.ilcorrieredicatania.it/?p=2207

venerdì 22 giugno 2012

Abbandonata da anni la porta Ferdinanda o "del fortino"





Abbandonata da anni la porta Ferdinanda o "del fortino"

Quando la città di Catania era governata da coloro che oramai vengono appellati come epigoni del vituperato pentapartito, e da noi partito unico (cioè la Democrazia Cristiana), vero è che specie negli ultimi decenni, imperava la corruzione (specie nel partito di sostegno, che fu il PSI): è anche vero che al timone, sovente, si incontravano amministratori probi, i quali cresciuti con un altro e più sostanziale concetto della vita pubblica, concepivano la politica come servizio alla collettività, non a soli fini di lucro. Non erano tutti, ma una parte consistente: il cittadino sapeva da chi andare, i nomi li rammentiamo ancora. era gente di antico stampo, alla quale se segnalavi un problema, un malfunzionamento di comune servizio, non ponèvasi la dimanda degli ultimi vent'anni, sugli occhi e su le labbra dell'amministrsatore pubblico catanese ("a mìa cchì mmi nni veni, di soldi?"), ma s'adoprava immediatamente poiché riteneva il suo ufizio un dovere, un obbligo etico, essere investito di carica pubblica in nome dei cittadini. Come ben si sa, ad onta dei pur laudevoli sforzi di quanti fanno formazione politica, adesso la musica è altra.
Segnaliamo al riguardo un caso emblematico, pòsto all'attenzione del viandante: la porta Ferdinanda, arco di trionfo eretto nel 1769 in occasione del matriminio di Ferdinando (IV di Napoli e III di Sicilia) con maria Carolina d'Austria: è un monumento caro da oltre due secoli ai catanesi che erroneamente lo appellano 'porta del fortino' (quella autentica è in fondo alla vicina via Sacchero), è opera di quel genio dell'architettura, a parer nostro poco valorizzato, che fu Stefano Ittar Cavaliere di Malta (autore anche della maestosa cupola di San Nicolò la Rena, oltreché del Palazzo Magistrale a La Valletta), in pietra calcarea bianca siracusana e nera lavica dell'Etna. Chiude scenograficamente la via Garibaldi, abbellisce la piazza Palestro ove sorge (piazza tra l'altro risistemata quattro anni fa a cura dell'allora Assessore Orazio D'antoni), e ha diversi pregi anche di ordine esoterico, tra cui la celebre fenice col motto catinense "Melior de cinere surgo" e gli altri, bellissimi, che fanno di Catania (come disse bene il compianto professor Santi Correnti, nostro amico) città sempre rifiorente, ovvero "Litteris armatur, armis decoratur", armata di Lettere per la sua dottrina, decorata di armi della cui violenza non ha bisogno poiché, come Cristo, si difende con la Parola.
Ebbene si sappia che codesto monumento versa in istato di miserevole abandono: a parte l'orologio il quale non funziona da anni, è l'interno che deve essere ristrutturato: la tabella in metallo avverte, anzi avvertiva, che ivi dovrebbe trovarsi un presidio distaccato della Polizia Municipale, fra l'altro utile a sorvegliare la zona. Chiunque vi transiti sotto si rende conto da quanti anni il luogo è desolatamente abbandonato. Sappiamo che nel secondo dopoguerra l'interno, piccoli vani, divenne casa di abitazione di un 'custode' il quale almeno provvedeva alla manutenzione del sito; morto costui, la presenza dei VV.UU: ma da anni nessuno se ne cura. Strafottenza verso gli abitanti del quartiere, che pure 'servono' alla bisogna per le tornate elettorali? Atteggiamento di superiorità verso una zona sì in parte popolare, ma ricchissima di edifici settecenteschi e già nobiliari, ovvero l'autentico nucleo fondativo della antica città? Semplice mancanza di segnalazioni adeguate? Non ci è dato di sapere. Una affermazione tuttavolta possiamo formularla: se ci projettiamo venticinque anni addietro e 'immaginiamo' di andare, da operatori dell'informazione, personalmente dall'Assessore al ramo oppure dal comandante dei Vigili Urbani, avremmo trovato gente garbata, attenta e disponibile ad agire immediatamente, poiché teneva al lustro e decoro della comunità, specie nei quartieri cosiddetti popolari (il cui concetto è molto opinabile ultimamente). Qualcuno può pensare che similmente possa succedere oggi: tenti l'esperienza, non siamo supponenti ma conosciamo, come usa dirsi, quel che basta i nostri 'polli' sino a tratteggiarne gli atteggiamenti. Poiché, inutile negarlo anche ad onta di personali odierne disponibilità, è la forma mentis che è cambiata, politicamente parlando.
Quali rimedi? Tanti ve ne sarebbero, e però nell'attesa dei salvatori della patria civica, l'illustre monumento (il quale ogni anno, la notte del 4 febbrajo, vede innanzi a sè per la gioja dei convenuti, il fercolo della Vergine Agata fermarsi in loco) rimane moribondo, senza cura, senza riattivare il presidio dei Vigili Urbani, senza nessuna manutenzione della parte concernente l'orologio (per gli aspetti architettonici è competente la Soprintendenza, o almeno dovrebbe). Una idea è darlo in 'gestione' a cooperative di giovani del quartiere, i quali -come già accade in altri luoghi della città- se ne prendano amorevolmente cura, e rendano la porta Ferdinanda un simbolo vivo dell'antica a nuova Catania. La gente c'è, l'entusiasmo pure, la disponibilità non manca. Tornasi alfine alla dimanda di sempre: agli amministratori comunali d'oggi, ciò importa? Smuoviamo le acque paludose, in attesa di eventi.
F.Gio
(Le immagini fotografiche sono scattate dall'autore dell'articolo)
Pubblicato su http://www.ilcorrieredicatania.it/?p=788

venerdì 25 maggio 2012

Sui colori dell'Identita: personale di Maria Tripoli, al palazzo della Cultura di Catania sino al 27 maggio 2012






Sui colori dell'Identita: personale di Maria Tripoli, al palazzo della Cultura di Catania sino al 27 maggio 2012

Abbiamo visitato la mostra di quadri dell'artista Maria Tripoli, in esposizione al palazzo della Cultura (altrimenti detto Platamone, via Vittorio Emanuele 121) a Catania, sino a domenica 27 mattina. Ripensando ai messaggi dei quadri dell'autrice (che nella vita profana è insegnante di Storia dell'Arte), viènci in mente una frase di Oscar Wilde, secondo cui "La verità della metafisica è quella delle maschere". Perché l'esposione di plasticità nei corpi femminili presentati dall'artista in questa personale, che con molta lungimiranza il Comune di Catania ha voluto allestire in un luogo prestigioso, fa pensare alle diverse identità-maschere che si nascondono nell'essere umano, sia esso maschio o femmina. E' un lungo ed appassionante viaggio iniziatico, quello che l'artista suggerisce allo spettatore, d'immergersi cioé nella weltanschauung propria ed escirne, come fenice, del tutto purificati.

Maria Tripoli è anche scrittrice: Arte è, sovente, Letteratura, e nel suggerire il suo ultimo romanzo autobiografico "La casa dell'adolescenza rubata" (Ed.Akkuaria 2012), ha voluto sapientemente unire alcune delle 'maschere' che la donna deve indossare a volte obbligatoriamente e, se ne ha la forza, strapparsi di dosso per mostrare l'autentico volto di Luce, a fronte della spesso barbarica 'civiltà' di ogni tempo, che vuole umiliarne l'immensa libertà.

Sono i simboli dei numerosi dipinti esposti alla mostra di Catania, la quale lascerà certamente un gran segno come altre che sono state e seguiranno, nel percorso artistico intensissimo ed elettrizzante dell'autrice, oramai involatasi nelle dense espressioni dell'essenza che si fa coscienza, e con la materia crea il puro piacere. Non a caso adopriamo codesto termine: l'arte pittorica di Maria Tripoli è erotica, e però di quell'erotismo raffinato il quale, da Catullo a Marziale sino a D'Annunzio ed al nostro conterraneo Ercole Patti, passando per la vivacità appassionata di Domenico Tempio, una donna di acutissima sensibilità sa esprimere molto meglio della possessione dionisiaca ed orgiastica che sovente anima l'uomo. Dònde si combinano veli ed estremi, in un felice connubio estetico che riscuote ammirazione, ed è sostanzialmente inno alla Libertà dell'essere puro. Del resto ben armonizzato con il motto della nostra Catania, città fenice: post fata resurgo, ovvero sono più bella dopo i cattivi giorni. Ed è davvero così per l'artista che vuole inondare di sensualità elegante coloro che alle tele si accostano, rimanendone rapiti.

Come Tommaso Campanella nel "De sensu rerum" vòlle suggerire che la Natura divinamente crea e dona il significato exoterico ad ogni cosa, così le figure femminili di Maria Tripoli escono dalle tele ove predominano colori caldi, mediterranei, brezze marine, per ridisegnare i confini della Tetide, della Atlantide platonica che non è mai tramontata nel cuore dell'artista la quale intuitivamente sa, viene battezzata dalla spuma del mare della terra del rame, ed approda alfine all'Isola dove è fatale il ripartire. Vi è anche, ad onta di momenti esplosivi di passione, sotteso il messaggio mistico nelle 'maschere' femminili di Maria Tripoli: ma solo coloro che hanno intelletto d'Amore e possono senza paura varcare la sacra soglia, lo intendono. Quindi arte per molti, non per tutti, fiamma inestinguibile di un'anima autentica che può, nella sua leonina bellicità, coinvolgere e avvincere tracciando, secondo l'antico adagio, la strada verso l'eternità che non ha confini.

F.Gio

sabato 12 maggio 2012

Mostra d'arte e libro di Maria Tripoli, Catania palazzo della Cultura 19 maggio 2012 ore 18




Palazzo della Cultura Comune di Catania
I colori dell'identità
Personale di Maria Tripoli



Il 19 Maggio 2012 alle ore 18,00 presso i locali della Palazzo della Cultura a Catania, Sala Refettorio, in Via Vittorio Emanuele 121 sarà inaugurata la personale di Maria Tripoli "I colori dell'identità, con l'occasione sarà presentato il libro biografico "

Prof. Sergio Collura, Critico d'Arte

Roman Henry Clarke, Giornalista

Veronica Giusti, Attrice

Alfio Guzzetta, Attore

La vita delle donne, da qualsiasi angolatura la si guardi, ha sempre dei punti in comune. E quando una donna si racconta, diventa la voce universale di tutte le donne.

E' quanto ha fatto Maria Tripoli, prima con le sue opere pittoriche, ed oggi con la sua scrittura amara e cruda che mette in atto per raccontare i suoi drammi esistenziali.

Ma ciò che racconta l'autrice, tramite le tele e la carta, rappresenta a tutto tondo la complessità tematica delle donne ribelli, donne che lottano nella società per affermare la propria cittadinanza del vivere con gli altri; e in tutto questo il modo in cui prevalgono le difficoltà del quotidiano soprattutto nei rapporti con l'universo maschile.
Quella di Maria Tripoli è la voce di una donna che racconta. con un vortice narrativo a tratti poetico e a tratti suggestivo, con le vicissitudini più importanti e significative che hanno segnato inevitabilmente il suo cammino esistenziale.

venerdì 20 aprile 2012

Poesia d'Amore al Centro Kerè con Vera Ambra, una serata densa di sentimento






Poesia d'Amore al Centro Kerè con Vera Ambra, una serata densa di sentimento

Nei simpatici locali del centro sperimentale Kerè, in via Macherione 21 a Catania, il 19 aprile si è parlato di poesia e d'amore: binomio indissolubile, il quale non poteva non avere come protagonista la donna che negli ultimi vent'anni più di molte altre, ed altri ignoti, si è prodigata per la diffusione del Verbo della poesia e dell'Arte hic et nunc, nella città etnea, nella terra di Sicilia, in Italia e nel mondo, ossia Vera Ambra.

Presentata da Mario Bonica, la serata partecipata dal qualificato pubblico intervenuto, ha registrato le letture di poesie di Mariella Sudano, di Gabriella Rossitto, di Maria Tripoli e di Vera Ambra, alternate dalle canzoni dell'artista Gregorio Lui, accompagnato dalla sua chitarra. Poesia d'amore al femminile, e non poteva essere diversamente, poiché è nell'eterno femminino che si riscontra sempre quel sentimento sublime che è l'anima mundi. E se Mariella Sudano e Gabriella Rossitto, nelle loro singolarità, lo hanno espresso l'una in modo mitopoietico l'altra in forma dialogica, Maria Tripoli, da pittrice quale è affermata da anni, ha inteso sublimarlo con le sue parole dense di sensibilità.

Vera Ambra ha toccato le corde più profonde dell'anima, leggendo la "Lettera al primo amore", nonché l'elogio al compagno sempre fedele ed amico, il gatto, su cui si è esercitata molta letteratura in tutti i tempi. Gradevole anche il siparietto finale a cura di Orazio Costorina.  Incontro breve ma intenso in uno spazio nascente che intende aprirsi alla "nouvelle vague" dei palpiti più vivi ed operanti della città dell'elefante, in nome di quell'Amore per la Sapienza, che è il primo motore d'ogni umana, ed anche sovraumana, vicenda. L'Associazione Akkuaria ed il movimento dell'Alienismo appena nato e presentato nella città eterna, di cui vi furono esponenti autorevoli e che vede ancora in Vera Ambra l'entusiasta catalizzatrice, supporteranno senza dubbio le idee che si faranno carne viva, e potranno avere il 'lebensraum' negli scoperti locali, proseguendo il cammino senza fine dell'Amore.

F.Gio

lunedì 16 aprile 2012

Lodevole video in 3D sull'Anfiteatro di Catania presentato nell'ambito della settimana della Cultura





Lodevole video in 3D sull'Anfiteatro di Catania presentato nell'ambito della settimana della Cultura

Nell'ambito della XIV settimana della cultura indetta dal Ministero competente, nella nostra città il cosiddetto "parco archeologico" che la Regione Sicilia ha ideato da non molto e che comprende, oltre il teatro greco-romano di via Vittorio Emanuele, l'Anfietratro di piazza Stesicoro, le terme dette della Rotonda dal nome della chiesa, nonchè quelle Achillee sotto piazza Duomo, i resti del complesso termale abitativo visibili in piazza Dante nonchè una presunta "domus" sotto l'ex monastero benedettino, non solo i monumenti suddetti restano "aperti al pubblico" (ciò è un eufemismo per chi sa: alcuni sono sempre aperti gratuitamente, alcuni lo sono ma a pagamento, alcuni invece sono sempre chiusi... siamo a Catania, signori!) dal 14 al 22 c.m., ma anche è stata organizzata una recita dell'Eneide il 16, a cura dell'Ass.culturale Extramoenia, ed una mostra presso l'ex magistrale Lombardo Radice.

La sera del 14 si è presentato nella sala dell'edificio in cui è conglobato il teatro greco romano, ovvero prospicente su via Teatro greco, un breve video in 3d che rifà in modo didatticamente esauriente la storia dell'Anfiteatro romano di Catania, monumento insigne (da cui il titolo) e sovente poco noto a molti. L'autore del video ben curato ma anche in progressivo miglioramento è il giovane allievo dell'Accademia di Belle Arti Riccardo Guttà, che merita l'elogio pubblico non solo per la passione profusa nel lavoro costruito, ma anche per aver attinto alle fonti serie e documentate riguardo il maestoso edificio (l'unica monografia di esso esistente, edita nel 2002 per i tipi di Boemi Prampolini, è dello studioso Francesco Giordano catanese).

Per cui non ci si meravigliò nel corso della serata, senza alcun intervento del pur folto pubblico intervenuto, se la dott.ssa Branciforti e gli altri funzionari della Sovrintendenza comunicarono che tra il 2004 ed il 2006 le indagini archeologiche dell'Istituto Germanico di Roma giunsero alla conclusione che la datazione costruttiva dell'Anfiteatro risale "alla metà del I secolo", mentre prima gli stessi archeologi locali si erano sempre fossilizzati, e ciò appare in ogni guida comune, al II secolo: la predetta monografia di F.Giordano sul monumento, lo aveva storicamente documentato prima che gli studi dei teutonici ne dessero autorevole conferma. Ma ciò fa parte della realtà indiscutibile: i catanesi autentici conoscono ed amano sul serio i loro monumenti, ad onta delle chiacchiere e delle fole degli stranieri e di coloro che se ne credono artatamente i gestori, mentre solo a pochi si deve nell'anno del Signore 2012 la pubblica fruizione dei nostri tesori (naturalmente ciò non è stato neppure ricordato dai summenzionati archeologi, i quali giunsero, il Nicoletti in particolare, a confondere la eruzione del 1669 col terremoto del 1693... questo si può scusare umanamente!), e tra codesti a parte il Principe di Biscari (che molti citano a proposito e sproposito), il Sindaco De Felice che volle gli scavi del 1904-06 dell'Anfiteatro (inaugurato dal Re d'Italia, appassionato d'arte, nel 1911), ed il regime Fascista (sarà fastidioso a molti, ma è così) che iniziò l'opera di bonifica, discavo e conservazione del teatro greco-romano sin dagli anni Venti e negli anni Trenta la proseguì. A questo passato dobbiamo il presente, per cui è giusto ricordarlo, nelle occasioni utili.

(***)

mercoledì 4 aprile 2012

Successo internazionale per il premio letterario "F.Pasqualino" quarta edizione, Butera 2012


 






Successo internazionale per il premio letterario "F.Pasqualino" quarta edizione, Butera 2012

Nella splendida cornice normanna della Sicilia, la quarta edizione del premio letterario dedicato allo scrittore buterese Fortunato Pasqualino, ha avuto ampio e sempre crescente consenso di pubblico e visibilità internazionale. Come naviganti nel mare della Letteratura, dalla città di Stesicoro il grande aedo dell'antichità, movemmo in torpedone per Butera, paese dall'illustre passato dal cui orizzonte Affrica ed Europa, congiuntamente si scorgono.

La struttura organizzativa, l'ideazione e la fiamma del momento, è come negli altri anni opera dell'associazione Akkuaria capeggiata da Vera Ambra, una donna che sta segnando l'epoca attuale del panorama culturale siciliano con le multiformi sue iniziative, sapendo avvincere e coinvolgere, travolgere e seguire, con stile e discrezione, persone-mondi anche differenti, ma uniti dalla comune 'manducatio' per il Sapere. A Butera trovammo il 31 marzo, vigilia delle Palme festa della cattolicità, aria del nord: il gemellaggio della cittadina sicula con il comune tedesco di Gevelsberg, dove vive una folta comunità di emigrati, con la presenza del Sindaco tedesco, ha costituito un simpatico sipario alla manifestazione culturale che ricorda lo scrittore e giornalista Pasqualino.

Il cine teatro nuovo e grande di Butera fu poi il luogo dove si dipanò, come in un seguito di immagini da cinegiornale, la manifestazione bella, affettuosa, ampiamente coinvolgente: curata con simpatia dall'amministrazione comunale capeggiata dal Sindaco Luigi Casisi, da sempre vicino e sostenitore del premio, che ha partecipato attivamente alle funzioni.

La premiazione (tutti i dettagli dei vincitori nel sito
http://www.premiofortunatopasqualino.it/ ), con l'affettuosa presenza della signora Barbara Olson vedova Pasqualino, che mai manca al ricordo del consorte, partecipata dal pittore Salvo Barbagallo che in presa diretta ha dipinto degli acquerelli, è stata intervallata dalla presenza dell'attore catanese Emanuele Puglia, del gruppo del Teatro Stabile, il quale tra 'cunti', miniminagghie' siciliane, canzoni e poesie, ha affascinato l'uditorio come è suo costume: particolarmente significativo, in tema pasquale, il racconto in lingua 'regionale' siciliana "Lu superchiu è comu lu mancanti", tra Gesù e San Pietro.

Vera Ambra ha sapientemente diretto la serata, nella quale lo scrittore e giornalista Francesco Giordano ha appositamente portato la 'vox alienista', collegando la figura di Fortunato Pasqualino al novello movimento culturale ed artistico dell'Alienismo: in tale ambito egli ha voluto, in particolare ai numerosissimi ragazzi della media "Mario Gori" ivi interevenuti per l'apposito concorso di racconti e poesie a loro dedicato, indicare delle figure supreme di alienisti i quali costituiscono ognora la bussola per chi desidera far parte del gruppo: Gesù Cristo, l'Alfa ed Omega, martire rivoluzionario immolato in nome dell'Amore, il primo ed ultimo Alienista; Sant'Agata, ragazza ventenne che invece di cedere alle lusinghe del corpo, muore vergine e sceglie la salvezza dell'anima, autentica alienista contro il mondo e per il mondo; I fratelli Pii, nella società siciliana preellenica simbolo di amor filiale, salvano i genitori dalle lave dell'Etna che davanti a loro si biforcano ed arrestano, eterno esempio di alienismo dell'amore pei genitori celebrato in tutta l'antichità; infine la beatissima Vergine Maria, il cui "fiat mihi secundum Verbum tuum" all'angelo Gabriele è il caposaldo della formula dell'abbandono alienista alla volontà suprema, che è dell'essere umano, ma soprattutto divina.

Parteciparono alla premiazione le scrittrici Gabriella Rossitto, Mariella Sudano, Angela Agnello, Maria Tripoli che da poco ha dato alle stampe il suo libro autobiografico, e la giovane e fascinosa Antonella Salamone di cui salutiamo la novella agenzia letteraria "Giri di bozze".

Con le parole socratiche riferite da Platone possiamo affermare che il percorso della diffusione del Sapere continua ininterrotto, "poiché il sole è, ancora, sui monti".

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lunedì 26 marzo 2012

Sulla poesia di Salvatore Camilleri: una bella manifestazione nella biblioteca della chiesa S.M.della Consolazione a Catania, con i pupi dei Napoli


Sulla poesia di Salvatore Camilleri: una bella manifestazione nella biblioteca della chiesa S.M.della Consolazione a Catania, con i pupi dei Napoli

Una simpatica serata in onore di un illustre studioso della lingua, della letteratura e della cultura di Sicilia: può così tratteggiarsi la manifestazione svoltasi il 25 marzo nella biblioteca-salone della chiesa di S.Maria della Consolazione in Catania, retta da Padre Coniglione (appassionato di libri antichi e nuovi), che ha celebrato le opere di Salvatore Camilleri, oggi più che nonagenario ma intellettualmente lucidissimo, come ha dimostrato nel suo appassionato intervento, affascinando il folto uditorio.
Se non bastassero le raccolte di poesie, rimarrebbero delle opere sue tre segni incancellabili: la versione moderna in lingua sicula del celeberrimo racconto leggendario "La Barunissa di Carini" (da cui lo sceneggiato televisivo del 1975), la Grammatica Siciliana (edita nel 2002 da Boemi, in una collana di tre volumi tra cui l'Anfiteatro romano di Catania, autore chi scrive, e Ducezio, del fu prof.Gliozzo), nonché il monumentale Dizionario Italiano Siciliano, edito da Greco nel 1998, opera unica ed utilissima nel suo genere.
Ed a festeggiare l'anziano 'sicilianista' ed oramai fra gli ultimi esponenti di quella grande tradizione della cultura e storia anche politica di Sicilia la quale, da Santi Correnti ad Antonio Corsaro e Fortunato Pasqualino passando per Salvatore Santangelo ed Alberto Varvaro sino ad Andrea Finocchiaro Aprile, ha tante luci poliedriche donato alla nostra isola, fummo in tanti: Nino Magrì della Associazione Marranzatomo che ha con attenzione organizzato la serata, la docente Sarah Zappulla Muscarà che ha dissertato sulla qualità dei libri di Camilleri, e per la gioja dei grandi e dei piccini convenuti, la marionettistica dei fratelli Napoli, che srotolando cartelloni all'uso antico, ha rappresentato due quadri della "Barunissa di Carini" ridonando voce e vita alla intramontabile tradizione dei pupi, i quali se si muovono a filo, hanno nondimeno un'anima immortale: così il grido degli amanti tragici, "Tuttu è Amùri!", si trasforma come nel connubio con la morte, nel cuore vero della nostra siciliana epopea.
Da ricordare, come ha ben sottolineato il professor Camilleri e noi dovremmo ripetere a giovani e maturi, che sino al XV secolo la prosa ufficiale da e verso il Regno di Sicilia (usata anche dal Papa nella corrispondenza!), era il siciliano, anzi la lingua siciliana: uso che tramontò dopo la scelta di Napoli quale capitale del nuovo regno, in seguito ai mutamenti politici del XVI secolo. Un 'piccolo' ma grande particolare, che nessun 'nordico' d'Italia, ieri come oggi, può vantare, e di cui si può legittimamente andare orgogliosi.
Scorgemmo tra i presenti alcuni del movimento dell'Alienismo: e come non si può prendere parte all'Arte ed alla cultura sicula, specie se puparesca, se non si è alienati da quell'Amore per il Sapere che sin dall'evo pre-ellenico vede la forma della nostra Isola quale un cuore, l'autentico fulcro del Mediterraneo? E che tali manifestazioni si svolgano nei saloni di un tempio cattolico, la Chiesa dell'Apostolica legazia, neppure è un caso, vogliamo interpretare. A volte è piacevole raccontare, ma anche esserci può avere importanza.

F.Gio
Nelle immagini: un momento della recita puparesca, ed il prof.Camilleri alla fine della serata

giovedì 16 febbraio 2012

A Roma città eterna si è presentato ufficialmente il movimento culturale "Alienismo": radici siciliane, visione mondiale






















A Roma città eterna si è presentato ufficialmente il movimento culturale "Alienismo": radici siciliane, visione mondiale


In una Roma innevata e tra le coltri di ghiaccio che hanno ricoperto la Capitale (Villa Borghese era davvero uno spettacolo: ma le strade furono adeguatamente spazzate), si è svolta il 12 febbrajo u.s. la manifestazione "Viaggio tra le vie dell'Arte", patrocinata dalla Società Umanitaria ospitante, ed organizzata dall'Associazione Akkuaria, Artisti e Creativi, AICS. L'anima di tutto è come sempre Vera Ambra, autentico vulcano di idee, che ha fortemente voluto l'iniziativa. Nell'ambito della quale si è presentata l'edizione 2012 del premio letterario che il comune di Butera intotola a Fortunato Pasqualino, organizzato da Akkuaria, ed il nuovo movimento culturale denominato Alienismo (vedi al link http://www.alienismo.it/vera_ambra_note.htm ). Di seguito riportiamo il testo dell'intervento dello scrittore e giornalista Francesco Giordano, tra i fondatori del movimento:

Intervento di Francesco Giordano alla Società Umanitaria, Roma, nell'ambito della manifestazione Viaggio tra le vie dell'Arte
Mi sia consentito, nel profferire alcune parole, rendere inizialmente pubblico elogio alla Società Umanitaria, che si degna di ospitare la nostra rassegna culturale: è per me motivo di particolare orgoglio parlare qui nella città eterna e nella sede di tale antica e prestigiosa associazione, la quale -come molti sapranno- nasce alla fine del XIX secolo, per volontà dell'ebreo Mosé Loria che, dopo aver fatto fortuna in Egitto, decise di investire il suo cospicuo patrimonio a pro degli ultimi e degli indigenti, fondando a Milano la Società Umanitaria. Alla cui crescita e sviluppo, nel corso del XX secolo, hanno collaborato nomi illustri, da Arturo Toscanini a Victor De Sabata a Maria Montessori, sino alla rinascita nel dopoguerra ad opera di quella figura fulgida di democratico integerrimo che fu Riccardo Bauer, il ricostruttore dell'Umanitaria in tempi difficili. Per noi la Società Umanitaria, qui sapientemente diretta dalla dottoresa Elena Cordaro ed a livello nazionale del professor Amos Nannini, è un pentalfa di Luce per gli ultimi che è guida e segno di Libertà, di Eguaglianza e soprattutto di Fraternità universale dei popoli.
Perciò singolarmente e come Associazione Akkuaria, siamo felici d'esser qui!
Se da una parte la ricerca della forma, in Poesia, è il senso di tutte le cose "De sensu rerum", affermava il grandissimo filosofo calabro Tommaso Campanella in una sua celebre opera, dall'altra ciò si scontra còll'alienazione che nel vissuto quotidiano di oggi, si coglie nell'essere umano, non più alla mercé dell'Elemento, ma brìcciola di se stesso. Non più amato verso l'Amato, ma alterato da Lui, quindi senza un luogo. "Amo il mio Amato e il mio Amato è mio", dice un noto verso del Cantico dei Cantici. Non è più purtroppo così, o lo è per pochi. Occorre quindi ri-costruire, questo può essere un grande insegnamento della Storia, non solo delle pietre, degli insigni monumenti che ci circondano, in gran parte lasciati a noi figli d'Italia, dall'impero romano. Il senso del possesso è alienante e però irresistibile, come la massima fusione.
Ma ricostruire si può nella magìa del nulla? Nel verticale ascetismo, che è una ascesa, dell'Essere verso l'intimo, il sublime Sé? Già il poeta e sacerdote Antonio Corsaro, nel suo movimento verticalista, ponendosi sulla scia di Valéry, aveva tentato, e con successo, tale scalata; qui la si rivede e la si pronuncia ex novo, con parole (la Parola che crea, che è nihil in ex nihilo) sussurrate quasi, disgregate e ricomposte di repente. Per cui vi è l'Alienismo.
Gesù fu il primo e l'ultimo degli Alienisti, si potrebbe dire: ebreo secondo la legge ed anche illuminato da quell'Amore che ha creato il Cristianesimo in cui molti di noi si riconoscono: "Voi chi dite che io sia?", afferma nel Vangelo: è una 'provocazione alienista'... come quando i suoi parenti lo indicano per màtto, poiché egli esce dagli schemi del fariseismo e va verso gli ultimi... Non è senza significato che noi qui discettiamo di Alienismo a Roma: nella Roma che fu dei Cesari, ma anche -passi il lecito campanilismo- dei catanesi che la elessero a capitale ideale, catanesi illustri, scrittori quali Giuseppe Villaroel ed Ercole Patti (forse ultimamente poco rammentati), i quali pure possono essere noverati fra i precursori del nostro movimento.
Alienismo che in quanto movimento d'Arte, di cultura in senso onnicomprensivo, accoglie ed avvolge come spirale ascendente ogni forma di sapere e di filosofìa intima e slanciata verso la Luce infinita. Alienismo il quale, se può tenere conto delle riflessioni dello scrittore Fortunato Pasqualino ("Semel in anno licet insanire: qualche volta nella vita bisognerebbe concedersi un po' di gaio folleggiamento ogni giorno. Lo raccomandano taluni psicologi: delirate, alienatevi, e sarete salvi; o, se non altro, sarete meno depressi, meno angosciati, meno soli. Si riscopre così la funzione terapeutica e liberatrice della dilettevole follia"), nel medesimo tempo le sublima volgendo, come usava dirsi un tempo, il cuore oltre l'ostacolo, di là da quelle colonne d'Eracle, varcate le quali o si intravvede il mistico Triangolo con le lettere della lingua universale oppure, come le ali di Icaro, si finisce senza rimedio nelle tenebre.
Così il grande poeta e sacerdote Antonio Corsaro, che consideriamo con gli altri artisti il 'padre nobile' dell'Alienismo, lui che dal mondo di lassù sicuramente ci guarda e coll'enigmatico sorriso che lo caratterizzava, benignamente ammicca, scriveva in una sua lirica: "Ogni speranza finisce \ tra vita e morte \ ogni apparenza delude \ sul punto di finire. \\ Sono un cerchio una retta una curva? \ Ogni linea si dissolve \ tra fuoco e cenere \ scintillando morendo \ con esperte apparenze. \\ In una ferita dello spazio \ incarnata parola \ in una ferita del tempo \ la parola incarnata svanisce..." Era un alienista ante litteram, un cercatore del divino, un seguace del tempo senza limiti, innamorato della Luce: "Nato tra le rocce, vissuto lungo il mare, delirante \ come una nuvola di vento, \ nato dal dolore, vissuto tra le sciare, ansioso \ come un'onda lunare, \ ... resto ancorato, tra lo spercchio delle acque e le scogliere, \ a un porto d'amore"
Forse ognuno di noi ha necessità di raggiungere quel porto di cui troppo sovente, negli ultimi tempi, si rùppero le gòmene. Ancorati bisogna, e se è necessario legati come Ulisse all'albero di maestra, a sentire il canto delle Sirene senza cedere alle loro lusinghe: follìa? Alienazione? E' il porto d'amore.
Quel che accadrà al movimento degli Alienisti è scritto fra le pietre, il mare e il cielo terso del millennio corrente. La loro bussola è l'Amore (Roma letta al contrario, è Amor...). Ciò che turbina nei loro cuori, è il segreto della forza che tutti li anima in un mistico segno, in arcana unità.
Francesco Giordano
 
Nelle foto: Villa Borghese innevata, Vera Ambra ed il manifesto dell'Alienismo; foto di gruppo degli "Alienisti ed Akkuariani": da sin. a dx, Vera Ambra, Giuseppe Lucca, Francesco Giordano, Sergio De Angelis, Maria Tripoli, Antonella Salamone, Claudio Cerronis