martedì 11 maggio 2010

Langue moribonda la Biblioteca Civica ex benedettina di Catania






Nel menefreghismo dell’amministrazione comunale

Langue moribonda la Biblioteca civica ex benedettina

Personale assolutamente carente, nonostante la buona volontà della Direzione, è di gravissimo nocumento per i lettori – Inutili ed offensivi gli "stagisti" -
 
 
Più volte da queste colonne abbiamo riportato i piacevoli eventi culturali che si sono svolti, e continuano ad attuarsi, nei saloni augusti della vetusta biblioteca Civica allocata nell’ex monastero benedettino: ente morale dagli anni Trenta, le Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero raccolgono preziosissimo patrimonio librario e documentario dal Settecento a tutto il XX secolo fino ad oggi, costituendo una fra le istituzioni più prestigiose, nel panorama bibliotecario, in tutta Europa. Basti pensare, per dare anche solo una vaga idea del prestigio del luogo, concepito da uno di quegli uomini intelligenti e creativi che ebbe Catania in dono per la rinascita dopo l’immane tremuoto, alla solenne sala Vaccarini –nome di colui che la ideò-, conchiglia meravigliosa racchiudente il millenario sapere de’ benedettini espresso in manoscritti, erbarii e rari volumi dei secoli passati.
Tutto questo patrimonio, che era stato valorizzato, dopo la soppressione delle corporazioni religiose successiva all’Unità italiana, per l’intiero secolo ventesimo, attraverso una attività di promozione del sapere che si è concretata nella presenza viva del personale il quale è assolutamente indispensabile per il funzionamento di una biblioteca, langue da tempo, ed in particolare da almeno un anno, nella morìa più abietta. La colpa è, sarebbe semplice affermarlo, non già degli stranoti problemi finanziarii dell’amministrazione comunale attuale, ma della ignavia di essa: il Sindaco Stancanelli in primis, quale responsabile del CdA dell’Ente biblioteca, ha evidentemente sottovalutato con grave nocumento per il lettore e per lo studioso, il fatto incontrovertibile e da tutti verificabile che, dall’aprile 2009 (data del pensionamento dell’ultimo bibliotecario, che ivi lavorava da quarant’anni, persona esperta come i colleghi predecessori), la Biblioteca Civica è del tutto priva di personale addetto a prelevare i libri ed altro materiale, onde fornirlo al pubblico studioso. Sola e unica rimane la direttrice, tale dal 1998, Rita Carbonaro. Alla quale pure non si può far colpa dello stato di decadimento assoluto in cui versa l’ente da lei diretto, poiché non le compete stornare del personale quantomeno minimamente qualificato, al fine di destinarlo alle funzioni di reperimento bibliografico, che sono vitali per un simil luogo. Tanto per dare una immagine plastica, si può affermare che la biblioteca che fu di Guttadauro, dell’abate Recupero e del cardinale Dusmet, è un corpo senza braccia e senza mani, con solamente gli occhi: rivolti nondimeno al passato.
Ed è al passato che il lettore studioso –come ci è personalmente capitato di constatare- vòlge il nostalgico pensiere, ove gli occorra, richieste alcune pubblicazioni, di trovarne a stento una: quindi nella scelta di rinunziare alla propria ricerca, o recarsi in altre biblioteche si spera parimenti fornite. Sempre per l’assenza di personale: e se la Facoltà di Lettere, con una soluzione concordata còlla direttrice non molto tempo fa, invero macchinosa e pittorica (ove non si configuri un danno etico all’immagine del lavoratore tout court), sta offrendo degli studenti a modo di ‘stagisti’ (termine che rimanda ad altre e tristi situazioni… e forse nasconde ben altro…) onde svolgere funzioni di mera guardia dei locali, recentemente visitati da tipi male intenzionati, con anche piccoli ruoli collaborativi (è chiaro che costoro non hanno niuna competenza per rilevare e portare al pubblico i libri, né si può inferire un futuro ruolo per tale mansione, constatato il termine di cinquanta ore per ciascuno), e stazionanti in quelle sale a titolo assolutamente 'gratuito' (è soprattutto questo aspetto, a fronte delle migliaja di Euro che il Comune, vedasi le delibere dell’attuale Sindaco per esempio a proposito del dottor Lanza, il cui compenso mensile è di dodicimila Euro, sperpera in eccesso, a suscitare indignazione e conati di disgusto…), mentre la Facoltà di Lettere li remunera: tutta questa situazione ha del paradossale e del vergognoso. Le cui scaturigini stanno nella psicologìa del profondo della civitas catanese, in parte indolente per antica genìa, ma artatamente ‘silenziata’ dalle trame dei politicanti, come nella ignavia dei cosiddetti intellettuali, almeno di taluni, che mentre ne’ chiusi delle stanze o nei corridoj blaterano verbalmente, poi sfuggono per variegati motivi da azioni od anche solo denunce coraggiose, in nome dell’adagio antico "amicus Plato, sed magis amica veritas". E la verità è codesta: che una biblioteca, la cui ossatura vitale per coloro che ne usufruiscono, è costituita dal personale, e personale qualificato ovvero esperto quindi a conoscenza dei meandri del luogo, laddove questo personale sia mancante, è moribonda ed, a lungo andare e pur nelle migliori intenzioni di chi la dirige (che non può svolgere mansioni multiformi…), muore.
Se è questo che il Comune desidera, se è ciò nelle mire occulte di qualcuno, lo si dica senza remore. Dal 1867, da quando cioè l’Abate Dusmet fu presente alla consegna del Monastero ai funzionarii dello stato, quei luoghi sacri ne han viste di ogni genere. Anzi, è proprio in anni di languente abbandono e di vincitrice polvere, allor che Federico de Roberto, direttore Lucio Finocchiaro, era bibliotecario ivi, che si scrissero entro quelle sale Pagine de "I Viceré"; e Giuseppe Villaroel narrava della immensa aquila che rifugiatasi nelle silenziose sale… Ma dagli anni Trenta, tutto rinnovellasi a vita gorgogliante: Orazio Viola che ivi diresse sino alla morte, nel 1950, già direttore alla Universitaria, compilava schede ed ammanniva prestigio; poi vi furono gli anni di Di Benedetto ed Elvira Ursino (discendente da quel mecenate che ha dato anche il nome suo all’ente, per aver donato la più completa collezione di periodici siculi che vi sia), ed il trentennio magistrale di Maria Salmeri, esperta d’arte e donna d’ingegno (nipote del celebre pittore Alessandro Abate): sino al 1998 la gestione, con finanziamenti anche regionali per l’acquisto dei libri e di fondi (quello Granata, quello Savasta quello Vigo Fazio, quello Santonocito, ossia uno spaccato notevolissimo del nostro patrimonio artistico) di Maria Salmeri era un autentico modello di virtù bibliotecarie, in Sicilia ed in tutta l’Italia. E la Biblioteca funzionava egregiamente, in pochi minuti potevi avere sugli antichi tavoli settecenteschi il libro o la pubblicazione richiesta: magari accanto al proprio scranno notavasi l’allora Preside ed insigne storico Giuseppe Giarrizzo, lo studioso Sebastiano Catalano, la docente Giovanna Finocchiaro Chimirri, ed altri. L’attuale direttrice ha rilanciato nell’ultimo decennio la Biblioteca come luogo di multiformi attività culturali: un merito che le è ampiamente riconosciuto, del resto al passo con i tempi. Ma è assaj triste costatare che, nelle settimane in cui il governo s’accorda col colosso di Internet Google e le due massime biblioteche italiane, Firenze e Roma, decidono di mettere online un milione di antichi volumi, creando così quella biblioteca mondiale da molti sognata, la nostra Civica si avvii, se il Comune non stòrna del personale in modo definitivo (non cenniamo neppure alla possibilità di concorsi all’uopo: nel 1998 erano stati previsti quattro posti, ma il bando non si fece mai…) da altri uffici alla Biblioteca, consentendo al pubblico di usufruirne adeguatamente ed in modo civile, all’ente di continuare a vivere. Perché non saranno le mostre, le esposizioni pur bellissime ed entusiasmanti che ne potranno impedire la morte, se l’andazzo così continua. Vestite a festa un cadavere: potrà essere superbo, ma è corpo inerte, senza vita.E sopra tutto, senza anima. La quale, suggeriva in epoche felici quella grande donna che fu Matilde Serao, come nei fiori è silenziosa, fuggevole e proprio per questo, estremamente concreta e dènsa di autentica poesia.

Bar.Sea. (Francesco Giordano)

Pubblicato su Sicilia Sera n°328 del 9 maggio 2010

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