mercoledì 17 marzo 2010

Infanzia abbandonata a Catania, una importante mostra all'Archivio Storico Comunale


Per iniziativa della Direttrice dell'Archivio, dott.ssa Marcella Minissale, coadiuvata dai validi e solerti collaboratori, è in atto in questi giorni la mostra sui luoghi della infanzia abbandonata nella città etnèa, dal XVI al XX secolo. Di seguito riportiamo, per gentile concessione, la nota documentaria sulla esposizione, che può annoverare opere bibliografiche, immagini e testi.
 
"Benedetto chi ti porta, maledetto chi ti manda !"
- note e documenti sull’assistenza all’infanzia abbandonata a Catania -


Il sistema assistenziale cominciò a strutturarsi in Europa verso la metà del ‘500 sotto la spinta della Chiesa e di benestanti filantropi con la fondazione di ricoveri per orfani, per ammalati ed indigenti. Ordini e Congregazioni religiose amministravano ingenti lasciti volti a redimere emarginati ed "immorali o segregarli in strutture ove non turbassero l'ordine costituito.
Proprio in quel periodo nacquero a Catania le prime istituzioni di beneficenza. Nel 1550 il Viceré
spagnolo Giovanni De Vega fondò la Casa degli Orfanelli con l’approvazione del Papa Giulio III.
Secondo quanto confermava il suo Statuto Organico, riformato nel 1910, essa aveva lo scopo di
provvedere, gratuitamente, secondo i propri mezzi, al ricovero, mantenimento, educazione morale e fisica ed istruzione professionale di fanciulli orfani o abbandonati dai genitori.
Il Conservatorio delle Verginelle sorse nel 1586 per opera del filantropo Govanni Paolo Larocca
col contributo del Senato cittadino; in esso erano ammesse, secondo le notizie tratte dalla "Guida
di Catania" di Sebastiano Salomone," le ragazze povere che intendano istruirsi nei lavori
donneschi o nelle materie elementari di coltura letteraria". Ancora nel 1910 ospitava, circa
duecento ragazze ed era diretto dalle Suore di Carità.Ciascuna ricoverata che passava a nozze,
riceveva un legato di maritaggio di £. 190,25.
Per oltre due secoli le Opere Pie godettero di una indipendenza assoluta dalla vigilanza del potere
civile, che, dalla metà del XVIII secolo andò decrescendo per l’influsso delle riforme illuministiche
introdotte nei vari stati preunitari e per le nuove concezioni amministrative affermatesi nei primi
dell’800 insieme all’occupazione napoleonica di gran parte della Penisola.
Il regime borbonico, diede prova di un particolare interventismo sotto il profilo assistenziale ed
educativo; già nel 1741 assoggettò alla giurisdizione laica, con un concordato con la Santa Sede,
gli istituti di pia carità per orfanelli. In seguito, nel 1750, il viceré Laviefeuille istituì
la"Deputazione Generale dei projetti" a cui era affidata la protezione dell’ infanzia abbandonata
nel regno, avvalendosi anche del clero per la graduale creazione di una assistenza statale.
Invero, nel 1782 il viceré Caracciolo riconobbe ente morale l’Ospedale o Conservatorio del Santo
Bambino, per l’assistenza alle partorienti di figli illegittimi fondato nel 1776 dal sacerdote
Giuseppe Giuffrida. Secondo quanto riferiva il Duca di Carcaci , nella sua Descrizione di Catania e
delle cose notevoli nei dintorni di essa, apparsa nel 1847. Nell’Istituto - all’epoca sito in Via dello Stazzone, 8 –: "… qualsiasi donna gravida di qualsiasi stato e patria appena si presenti e senza obbligo di palesarsi è gratuitamente alimentata ed assistita con ogni possibile cura, ha facoltà di esporre il parto od allevarlo, di partirsene o passare da nutrice in altro stabilimento. Le vicende dell’attuale Ospedale di Maternità sono state efficacemente, illustrate da Alfonso Toscano ne: L’Ospedale di maternità e la chiesa del S. Bambino, pubblicato a Catania nel 1950.
Il controllo dello Stato sulle opere assistenziali divenne ancor più penetrante con l’istituzione dei
Consigli Generali degli Ospizi da Gioacchino Murat, cognato di Napoleone durante l’occupazione
del Regno di Napoli (Decreto n. 493 /09).Tali organi, Ferdinando IV, dopo la Restaurazione, li
mantenne con decreto del 1816 estendendo li sull’ intero territorio del Regno per la "sorveglianza
tutela e direzione degli stabilimenti di beneficenza e dei luoghi pii laicali che esistano in tutti i
comuni" di ogni Valle. Essi dipendevano dal Ministero degli Affari interni ed erano distinti da
ogni altra amministrazione con officina separata dalle Intendenze. La loro presidenza spettava
all’Intendente coadiuvato dagli Ordinari della Diocesi dei Capoluoghi e da Consiglieri scelti fra i
notabili. I Consigli furono sciolti con Legge del 3 agosto 1862 n. 753 in favore delle Deputazioni
Provinciali.
La corrispondenza attestante la loro minuziosa opera di controllo tra le Commissioni
amministranti i diversi Istituti di beneficienza, ed il Patrizio di Catania della contabilità annuale -
si trova presso l’Archivio Storico Comunale.
I projetti. esposti - o gettatelli come definiti in talune regioni italiane - erano il frutto delle
condizioni di estremo disagio sociale dell’epoca, contrassegnata da frequenti carestie, dalla
frequente impossibilità di mantenere famiglie numerose, nonchè dalle ferree convenzioni religiose
che stigmatizzavano irreversibilmente, i nati da relazioni extramatrimoniali. I proietti venivano
depositati nelle "ruota" : un cilindro di legno cavo, collocato in chiese od istituti a ciò deputati,
con una apertura a finestra, che ruotava con un perno in modo da poter portare il neonato dall’altra
parte del muro. L’abbandono era preceduto dal suono di una campanella. Il preposto al servizio,
udendola, si recava a ricevere il neonato senza vedere chi lo avesse lasciato. Il cappellano curato,
riempiva un foglio del libro dei projetti, imponendo un nome e cognome di fantasia, (di città:
Catania, Messina, oppure di allusione alla condizione di abbandonato: Trovato, Diolosà
Diotallevi, D’ignoti Parenti, oppure di spregiativo riferimento alla relazione adulterina o ai costumi della madre: cornetto, bordello, etc.)
e lo battezzava subito, dato l’elevatissimo tasso di mortalità infantile. Nel 1771, era stato revocato l’uso di "bullare" sulle carni i trovatelli
disponendoci legar loro al collo, una medaglietta con scritto il nome dell’Ospedale o dell’Università che l’aveva in cura ed un numero di
matricola.
Dal 1820, anno di istituzione dello Stato Civile in Sicilia, secondo le disposizioni sulle Leggi Civili del Codice per il Regno delle due
Sicilie del 1818 l’Ufficiale di Stato civile (in quel tempo, a Catania, era il Senatore, cioè il capo di una delle sei sezioni in cui la città era
divisa) riceveva un conciso rapporto sulle circostanze del ritrovamento e lo inseriva nell’atto di nascita da lui redatto. Le norme di tenuta
dei registri borbonici, perpetuavano a vita, la condizione degli abbandonati, ordinandone gli atti nelle serie dei projetti, divise per nascita
e per morte.
Gli orfanelli , come prescritto dal Real Decreto n. 1138/32, fino ai cinque anni per i maschi e sette per le femmine, erano affidati alle
levatrici od alla Casa di Nutrizione, che in Catania , secondo la descrizione del citato Duca di Carcaci: "si trovava nella strada delle ree
pentite num. 11: in tutte le ore del giorno e della notte può ognuno depositare n questa casa, in una ruota appositamente erettavi,
qualunque bambino esposto nato da ignoti parenti. Depositato nella ruota esso si dà in cura ad una delle nutrici quivi stabilite se pure
non trovi da affidare ad alcuna donna che voglia allattarlo in casa per un sovvenimento di tarì quindici al mese che il comune le
somministra. Agli inizi del XX secolo la Guida di Catania informava che: la Casa di Nutrizione situata in via Ardizzone, 59 era un altro
pietoso ospizio per l’allevamento dei projetti affidato a molte nutrici stipendiate.
Al compimento del quinto o del settimo anno di vita, i bambini e bambine erano affidati ai "convitti" statali o ai"conservatori" gestiti da
ordini religiosi, ove essi erano considerati come affetti dal peccato d’origine e quindi, da educare con particolare severità al fine
estirparne eventuali tendenze pericolose per la società.
Con il Decreto del 7 Agosto 1834, Ferdinando II istituì tre Reali Ospizi di Beneficenza suddivisi nelle città di Palermo, Messina e
Catania: A Catania l’istituzione trovò posto nel Collegio dei Gesuiti di Via Crociferi, confiscato all’Ordine dopo la sua espulsione nel
1767 e già adibito a Collegio della bassa gente ed accolse gli orfani mendici, e quei figli di cui i genitori
erano privi di mezzi di sussistenza. Presso il "Convitto", come veniva anche chiamato, venivano portati i
projetti provenienti da Catania e Noto, di sette anni compiuti. All’inizio del XX secolo vi erano ricoverati
circa seicento orfanelli. All’interno dell’istituto erano attive numerose scuole professionali ed officine, tra
cui una falegnameria ed una tipografia, affinché i ricoverati apprendessero un mestiere, Invero la marca
del Reale Ospizio di Beneficienza" fu impressa sui frontespizi di diverse edizioni locali pubblicate nella
mete dell’Ottocento.
Secondo le disposizioni istitutive, il Convitto, usava una rigida disciplina verso gli allievi che erano
istruiti anche negli esercizi di soldato ed alcuni di loro formavano una banda musicale che si esibiva
nelle cerimonie pubbliche; come testimonia la richiesta, indirizzata dall’Intendente e Presidente del
Consiglio Generale degli Ospizi al Patrizio, ove si scrive di un concerto della banda militare dello
Stabilimento del Reale Ospizio di Beneficenza in occasione del genetliaco delle Regina madre, nel 1841,
da svolgersi sul palchetto già predisposto "alla marina".
Le projette settenarie, che ricevevano beninteso, un’educazione separata da quella dei maschi, potevano
essere destinate, al Consevatorio di Esposte ubicato, ai tempi del
citato Duca di Carcaci, nella Strada degli Ammalati (oggi Via
Maddem) n. 63 che "godeva di esteso edificio di viale alberato e
di chiesa …; chiamato a vita da… Ferdinando I nel 1807 … vi entravano "… le fanciulle
all’anno settimo della vita e ne escono tosto che vanno a marito …" vivono "… in comune
vestono in abito uniforme e sono istruite nei lavori donneschi e della dottrina cristiana … il
comune ha dovuto supplire al mantenimento di essa.
Negli istituti femminili la disciplina per le "convittrici" era mo0lto severa: vigeva il divieto di
giocare per strada , di stare alla finestra, di fermarsi mentre camminava da sole per le vie. Il fine
della loro educazione era esclusivamente, il matrimonio e la costituzione della relativa dote in
cui affluivano oltrecchè , il frutto del loro lavoro come sarte o ricamatrici, parte delle risorse
dell’istituto o eventuali specifici legati. Se non andavano a nozze le giovani, non preparate ad
affrontare il mondo esterno, potevano restare a lungo, tra le rassicuranti mura dell’Istituto,
come testimonia una delibera del 1948, con cui la Giunta Municipale di Catania disponeva una
buonuscita di L. 1000 a favore di una orfanella infine, passata a matrimonio, e rimasta
nell’Orfanotrofio annesso all’Ospedale Garibaldi "abolito da moltissimi anni" .
Dopo l’Unità, la disgregazione della famiglia patriarcale,legata alla crescente
industrializzazione, ed al lavoro femminile fuori dalle mura domestiche, imposero
l’allargamento ed il rinnovamento delle forme di cura dell’infanzia ed assistenza in genere
assumendo, gradatamente, la fisionomia di diritto universale. Il mutato ordinamento dello Stato
Civile unitario (R.D. 2602 del 1865), attenuò lo "stigma" riservato ai trovatelli i cui atti
cessarono di costituire serie a parte; per la sparizione della dicitura "figlio di NN", sugli atti anagrafici bisognerà attendere la Legge. n.
1064 del 31 Ottobre 1955..
La legge sulle Opere Pie del 1862, assegnò loro una diversa autonomia; essi furono sganciati dal potere ecclesiastico e posti in una
situazione giuridica a metà fra quella pubblica e quella privata. Ciò potè avvenire per la decisione inflessibile del nuovo Stato italiano di
sottrarre la ingente aliquota di ricchezza detenuta dagli ordini religiosi, e di ridurre al contempo, l’influenza del clero all’interno della
società; tale disegno fu, invero, attuato con l’eversione dell’asse ecclesiastico realizzata con la cd. "Legge Siccardi" del 1866.
In questo clima, fu insediata una Commissione d’Indagine sulle Opere Pie per rilevarne l’assetto patrimoniale, il numero di assistiti e la
natura delle prestazioni elargite .Quelle presenti nel Regno fra il 1880 e il 1888 erano 21.819. di cui ben 2.770 dedicate al culto o alla
beneficenza, 1.923 ai sussidi dotali, 257 conservatori, ritiri o convitti per il recupero morale delle donne "cadute'', 823 ospedali, 13 istituti
per sordomuti e 2 per ciechi. E poi scuole, asili infantili, ospizi di maternità, manicomi, case di rieducazione per minorenni "traviati''ed
un numero rilevante di monti di maritaggio.
La "Norme sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza adottate con la legge
n. 6972 del 1890,(cd. Legge Crispi) definirono per la prima volta il ruolo dello Stato
non più limitato al controllo patrimoniale ed amministrativo; il fine delle istituzioni
benefiche divenne quello universalistico di assistere i poveri in stato di malessere ed
infermità e di procurare l'educazione e l'istruzione ai bisognosi. … senza distinzione
di culto religioso o di opinione pubblica''. Le Opere Pie furono trasformate in Istituti
di beneficenza (Ipab) regolate nella formazione, nel funzionamento e nell'estinzione
in modo da assicurarne la gestione "laica''. Nacquero, inoltre, gli Enti di Carità e
Assistenza (ECA).
La pressione delle lotte operaie, determinò l’approvazione, nel 1904, della legge
Giolitti ove, con lucida consapevolezza, la beneficenza fu considerata un aspetto
della situazione sociale, configurando come indiscutibile il diritto del povero ad essere
assistito da istituzioni pubbliche coordinate ed integrate alle iniziative private tramite
una Commissione Provinciale, per gli interventi a carattere locale, e da un Consiglio
Superiore, per le questioni nazionali. In tale periodo sorsero in città orfanotrofi
municipali, come il Buon Pastore, nella borgata Cibali, erede del Conservatorio delle
Figlie del Buon Pastore, sorto a metà ottocento per il recupero delle donne ex
carcerate.
Nel 1923, al potere il Regime Fascista, la legge Giolitti fu abrogata per il suo spiccato decentramento che contrastava il verticismo voluto
da Mussolini, sostenitore della famiglia cattolica e fascista, nata come puntello dell’assistenza sociale e della politica demografica.
Nello stesso anno il "Regolamento generale per il servizio d'assistenza agli Esposti" abolì definitivamente le "ruote" già cadute in disuso
a partire dalla fine dell’Ottocento, perché ritenute incivili e causa di abusi.
Nel 1925 fu istituita l'Opera nazionale per la maternità e l'infanzia (ONMI)e soppressa nel 1975 . Esso era una sorta di ministero sorto
con il compito di coordinare le iniziative a favore dell'infanzia. La legge Crispi del 1890, rimase l’unica, fino ai tempi recenti , legge
organica sull’assistenza e beneficenza.
La Costituzione Repubblicana del 1948 innovò profondamente, i principi ispiratori dell’intera materia, postulando il diritto inalienabile
all'assistenza sociale intesa non come "adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale', garantito
dall’art. 2 a "tutti i cittadini … senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali. per … rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che … impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la
effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese'' (art. 3).soprattutto per "ogni
cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere" Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all’
avviamento professionale. Ai compiti previsti in quest’articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera'' (art. 38).
Nei primi decenni della Repubblica l'assistenza fu appannaggio di enti pubblici e privati per lo più sovvenzionati dallo Stato e spesso
fonte di clientelismo, incuria e degrado. Essa si reggeva principalmente, sulle attività delle Ipab che assicuravano il ricovero a
handicappati e minori.
Nei primi anni ‘50 l’organizzazione degli istituti a livello Provinciale fu integrata negli IPAI (Istituti Provinciali di Assistenza
all’Infanzia) che avrebbero dovuto provvedere non solo alla istituzionalizzazione dei bambini abbandonati ma anche ad una serie
integrata di servizi per la cura dell’infanzia. Tali enti, sono stati gradatamente chiusi per la preferenza accordata dal legislatore delle
ultime riforme, alle "case famiglia" e la conseguente chiusura o trasformazione degli orfanotrofi e dei brefotrofi.
I documenti, custoditi presso l’Archivio Storico Comunale, appartenenti al fondo "Beneficenza" per la liquidazioni delle rette agli istituti,
e talune pratiche edilizie del fondo "Ufficio Tecnico" forniscono uno spaccato della consistenza, dell’attività e delle condizioni degli
orfanotrofi di Catania e dintorni. tra il 1939 ed il 1965.
Il Decreto n. 616/1977, demandato a dare attuazione all’assetto regionalistico voluto dalla Costituzione. distinguendo fra prestazioni
previdenziali, gestite a livello nazionale e prestazioni assistenziali erogate dagli enti locali e da loro strutture, stabilì che le funzioni, il
personale e i beni delle IPAB venissero trasferiti ai Comuni; successivamente, le Ipab cosiddette infraregionali, grande maggioranza tra le
istituzioni assistenziali, sono ritornate alle linee fondamentali della legge Crispi del 1890.
La necessità di una nuova legge-quadro sull'assistenza, portò alla controversa "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali'' (L. 328/2000). Ad essa fu addebitata da taluni la colpa di aver privatizzato i servizi sociali scaricandoli sulla
famiglia e sulla donna. Consapevole della realtà di abbandono in cui molti degli istituti di infanzia versavano e con l’intento di dare una
famiglia ad ogni bambino incoraggiandone l’adozione o sostenendone il rientro graduale nel nucleo d’origine, la legge 149 del 2001
stabilì la chiusura di tutti gli orfanotrofi entro il 31 dicembre 2006. Di fatto, però, molte realtà hanno riorganizzato la struttura, divenendo
comunità, case-famiglia, villaggi e altre forme di micro-istituzionalizzazione; soluzioni previste dalla legge come temporanee che invece,
per molti bambini ospitati, si protrae per anni, ad un costo per lo Stato molto più alto che non l’affido familiare.
Esemplare testimonianza della condizione di violenza e degrado che molte generazioni di bimbi "senza famiglia" hanno dovuto subire in
molte Istituzione incaricate all’assistenza all’infanzia è l’articolo Mamma non c’è, babbo nemmeno il personale neppure di Maria
Giovanna Casabene - apparso sulla: Sicilia-Catania Oggi n° 18 del 6 Ottobre 1979 – che per il toccante contenuto di denuncia, si vuole
riportare per intero:
Sono stata alcuni giorni fa all’IPAI di Catania sito i via Mavilla, un vicolo cieco che si trova in uno dei quartieri più popolari della città
Alcuni giorni prima parlando con una degli addetti ai lavori dell’istituto venni a sapere che
all’interno si trovava una cinquantina di bambini che per anni non escono dai grandi
cameroni a loro destinati … Varcato il cancello con la targa Ipai … chiedo di una
puericultrice, mi viene indicato un portone poco distante. …
Quando arrivai al primo piano … ebbi a vedere uno spettacolo inconcepibile in un paese
che vanti di essere civile … : pareti spoglie e sporche, nessun gioco, niente di niente :
banchetti sporchi di materia marrone, solo dopo mi resi conto che si trattava di feci; a terra
qualche chiazza di liquido giallo. Circa 25 bambini imbestialiti, con la violenza stampata
nel volto, tutti eguali: con i capelli rasati quasi a zero vestiti allo stesso modo, mi vennero
incontro. Tale scena mi ricordò i campi di sterminio nazisti dove gli ebrei erano costretti a
dimenticare di essere uomini; i più grandi non sanno parlare, nessuno gliel’ha insegnato .Il
personale loro addetto consisteva in due puericultrici.
Chiedo ad una di esse."ma come mai questi bambini non hanno … nemmeno un
giocattolo?" perchè non lo chiede al direttore di turno? I giocattoli vengono distribuiti in
genere a Natale con la foto ricordo che vede il benefattore che divide i regali …
L’indomani … . le gentili signore di questo istituto se li portano a casa per i loro figli. …
chiedo di vedere i bambini più piccoli; … al secondo piano …lo spettacolo che mi si
presenta è ancora più squallido: una cameraccia … accoglie quattro lattanti: tre di loro
stanno piangendo da un pezzo; uno addirittura, ha la manina viola a forza di succhiarla, [la
puericultrice] mi dice: [che] .. badare non può a questi bambini perché le fanno troppa
pena poi aggiunge che non tutte le sue colleghe hanno la sensibilità adatta per queste cose,
per molte questi sono bambini di serie b.
Le donne dovrebbero venire …a svolgere una missione e non perché c’è uno stipendio
discreto. … Almeno la metà del personale è sempre ammalato o chiede sempre permessi
Qui non funziona nulla. Si permette a madri snaturate di abbandonare i loro figli in
questo posto e di conservarne la patria potestà venendo raramente , a trovarli.. La maggior
parte dei bambini non sa di avere una madre, nemmeno la conoscono eppure la madre risulta venire ogni giovedì;.. vengono a trovare il
loro bambino,si siedono in un angolo e non permettono al piccolo nemmeno di toccarle, perché potrebbero sporcarle il costoso
abbigliamento. … Hanno chiuso i manicomi perché enti amorali come questi allora?
Salutiamo le cortesi signore ed andiamo via. … penso a cosa ne sarà di questi bambini. certo io avrò fatto il mio bravo articolo ma poi?
… forse saranno semplicemente più severi con gli estranei che vorranno visitare l’istituto…".
 

(Nella foto l'ex collegio dei Gesuiti in via Crociferi, dal 1834 al 1968 Ospizio di Beneficenza, dal 1968 al 2009 sede dell'Istituto Statale d'Arte; proprietà della Regione Sicilia, è ora chiuso per restauri)

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