martedì 15 dicembre 2009

L'altarino di Sant'Agata in via della Palma a Catania




Sino agli anni Venti del secolo XX, la processione del fercolo di Sant'Agata in Catania, oggidì conosciuta in tutto il mondo attraverso i mezzi di comunicazione, ma già in passato celebre per fasto e maestosità, percorreva via Vittorio Emanuele, sino al tempio detto di S.Agata 'alle sciare', a nord dell'odierna piazza Machiavelli, ove si eresse tal luogo di culto a memoria dell'immagine della Santa protettrice dela città, ivi trovata durante l'invasione delle lave del 1669 nel territorio civico. Nella salita -la strada che fu detta reale, ai tempi borboniani, procede in leggero declivio dal Municipio verso ovest- , il fercolo si arrestava all'angolo còlla via della Palma: il motivo è la presenza di un altarino che racchiude una immagine della 'Santuzza', poco distante dall'incrocio.
La processione, da circa settanta anni, prosegue per altre vie, ma l'altarino è ancora lì, tra il civico 48 ed il 50 di via della Palma, accanto al cortile chiamato 'di Agatina', non a caso. La storia di codesta edicola sacra è interessante e poco nota, sebbene i catanesi autentici che ivi transitano lo osservino con affetto. Bisogna innanzi tutto precisare che la via della Palma, la quale si percorre 'a pinnìnu', come si afferma in lingua sicula, ovvero in discesa da nord a sud, intersecando via Vittorio Emanuele, via Pozzo Mulino sino a via Garibaldi (ove angola col tempio di S.Maria della Palma, adesso adibito a sede teatrale), è tra le strade più antiche della topografia di Catania. Essa è già presente nella pianta del XVI secolo della città disegnata dal Braun, ove si nota una immensa palma che sovrastava le abitazioni circostanti, dònde il suo nome.
L'altarino di Sant'Agata nasce evidentemente per intenzione del vicinato, a puro scopo devozionale, nel XIX secolo (se non prima: non si dispone di testimonianza anteriore), ma rovina, come alcune abitazioni vicine, per la particolare conformazione della strada, durante il terremoto di Messina del 1908 che, sebbene in misura lieve, data la sua potenza, apportò alcuni danni anche in Catania. La spiegazione che infatti si legge nel marmo, sotto l'inferriata che protegge una immagine a stampa della Vergine catinense (di nessun valore artistico invero: mentre sconosciamo l'originale icona) è la seguente: "W S.Agata. S.Agata vergine e martire - a grata e perenne memoria - per la liberazione del terremoto - del 28 dicembre 1908 - il vicinato devoto ristorò". E' evidente, in codesta invocazione protettiva, il ricordo mai spentosi nelle generazioni di catanesi, dei sismi che negli ultimi secoli distrussero o danneggiarono gravemente la città: nel 1818, nel 1783 e, tremendo e distruttivo in assoluto, quello del 1693 che lasciò solo rovine, per cui l'urbanistica di Catania è affatto settecentesca. Dopo quell'evento spaventoso, mutàronsi persino i nomi di alcune strade: via della Palma invece, quasi come mònito di indistruttibilità, rimase appellata nel medesimo modo. Evidentemente la protezione di Sant'Agata per questa via ed i suoi abitanti è particolarmente efficace. Ancora oggi, nei giorni di febbrajo e di mezz'agosto, festività agatine, molti devoti depongono ceri votivi inanzi alla sacra effigie, che documenta un culto quasi bimillenario(se non si computa il precedente isiaco, sul cui tronco fervidissimo quello della Vergine Agata s'innestò felicemente), che unisce in appassionato amore l'intiera comunità dei catanesi, in patria e nel mondo.
FGio

(fotografie dell'Autore: l'altarino illuminato a festa, 4 febbrajo 2009)
testo rilasciato sotto cc-by-sa / GFDL

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