giovedì 24 settembre 2009

“Catania nella memoria”, ovvero un libro che è atto d’amore

In occasione della giornata mondiale per la lotta all’Alzheimer, la nota malattia degenerativa del cervello di cui misteriose sono le cause e tristissime le conseguenze, anche Catania ha voluto svolgere la sua parte: così il 21 settembre al cortile Platamone, col patrocinio del Comune nonché di molte associazioni culturali unite per codesto fine, l’Associazione Malati di Alzheimer ha, con un convegno ed un finale intrattenimento canoro, voluto incontrare il numeroso e qualificato uditorio intervenuto, onde sensibilizzare e sostenere la ricerca per tale morbo. Proprio a tale scopo, l’Associazione culturale Akkuaria presieduta da Vera Ambra, ha fortemente voluto la edizione di un volume antologico, "Catania nella memoria", a sostegno della importante iniziativa. E se la serata, coincidenza forse non casuale, dell’equinozio di autunno, si concluse con le narrazioni piacevoli e armonicamente sonore dei cantastorie Carlo Barbera (che intrattenne sul ‘cuntu’ di Ulisse e Polifemo) e di Alfio Patti (il quale dipanò un pout-pourri di canzoni della tradizione siciliana, inframmezzate da poesie e aneddoti), quel che rimane, come insegnano tutte le manifestazioni di tal guisa, è appunto la parola scritta. Pertanto il volume collettaneo edito dall’Associazione Akkuaria, curato da Vera Ambra –il quale si può richiedere direttamente tramite il sito del sodalizio, o trovare nelle librerie- è testimonianza tangibile del momento in sé contingente.
Un libro variopinto, che si è voluto anche definire "viaggio alla scoperta della catanesità". Difficile, negli ultimi tempi quasi soffocati da pubblicazioni sovente inutili e che nessuno leggerà, coniugare la estrema modernità colla più pura tradizione. Difficile parimenti riscontrare un ‘sì originale connubio, ove alla intelligente raccolta attenta e coerente di storie, poesie, monumenti, luoghi , leggende e modi di dire riguardanti quella che il recentemente scomparso, e compianto, storico Santi Correnti appellò "la città semprerifiorente", si alternano dòtti studiosi, scrittori e poeti, investigatori della parola non paludati nelle mutrie accademiche ma sovente operanti su Internet (è il caso, di lieto esito, del gruppo che sul network Facebook ha contribuito con l’utilissimo dizionario delle parole in vernacolo catanese, molte ignote ai più). Quindi l’unirsi delle nuove tecnologie con gli usuali stilemi della ricerca, ha potuto far sì che l’iniziativa voluta da Vera Ambra, donna appassionata di letteratura, poeta e narratrice ella medesima, che dell’amore per la diffusione del verbo culturale in Sicilia e nell’intera Nazione nonché nel mondo, attraverso le numerose iniziative e contatti con scrittori di varie nazionalità, ha fatto il proprio obiettivo primario, quasi una scelta di vita, rimanga concretamente quale atto di amore, con caratteristiche uniche. Ideare una antologia è opera di responsabilità, che comporta delle scelte permanenti. Molto altro vi sarebbe stato da dire, da aggiungere, da integrare: tuttavia il testo si sarebbe trasformato in un ‘mattone’, magari accettabile sotto il profilo della completezza, ma inutilizzabile dal punto di vista pratico. Ed il libro, sovente lo si dimentica, è anche, forse sovra tutto, un ‘oggetto’ pratico, non solo scrigno dell’Ideale.
Sfogliando il volume, si possono infatti leggere, vergati da autori quali lo scrittore Aldo Motta, il docente universitario Antonio Di Grado (che in un delizioso ‘cameo’ ricorda la genesi culturale di via Alessi), lo studioso e giornalista Francesco Giordano (sul settecentesco palazzo Fassari Pace, mai prima studiato, di via Vittorio Emanuele), ed altri apprezzabili per intensità di stile, pagine appassionate ed interessantissime, le quali documentano la simbologia, il mito, la realtà e la leggenda vivente della vulcanica patria di Sant’Agata e di Bellini, i cui duemila e settecento anni di storia son perennemente vivi e densi di creatività artistica, nonostante le numerose distruzioni, e la ferrea volontà di risorgere come fenice dopo il furioso rogo. "Catania è una città che sento forte come una madre, tiranna, gelosa, possessiva, avara e generosa. Catania, imponente e brontolona, è ancora oggi una parola che navigava lungo la rotta di quella speranza che colma la distanza fra l’illusione… per certi versi astratta eppure concreta, mimetizzata come la lava sull’Etna: così la percepii dal primo istante che mi prese per mano e mi incatenò con i suoi colori, i suoni, i suoi odori": tale è la parola di Vera Ambra, nel filo dei ricordi tracciato nel paragrafo "Il cuore stantuffava"; così la malìa arcana che avvince coloro che dalla figlia primigenia dell’Etna, la montagna per eccellenza, vengono avvolti, siano nativi della città o adottivi, è indissolubile. E però foriera di grandi passioni e di grandi illusioni: "Sanguini \ indomita \ irrequieta \ accanto ai tuoi figli \ e poi regali \ spiragli di speranze \ come acini d’uva \ sul profumo \ del melograno \ dimentico \ della nerazzurra onda \ ai piedi del tuo Vulcano". In tali versi, sempre della Ambra, notiamo sintetizzata la silente tragedia che sovente si costruisce entro ed attorno le antiche, or settecentesche mura, della città. La quale, come argutamente scrive Cecilia Marchese ne "La dea città", è "alchemica, sintesi perfetta dei quattro elementi che compongono le cose dell’universo in tutte le tradizioni magiche ed esoteriche del Mediterraneo": importante codesta interpretazione, da rammentare in specie riguardo l’antica storia civica, ove è noto che molte scelte e comportamenti (si pensi al leggendario ‘magus’ Eliodoro, come alla favola, non scevra di concretezza, del cavallo senza testa, ivi ricordate) affondano le radici nel mondo della autentica religiosità, non già dogmatica ma intrisa di ermetismo. Nel volume non manca un paragrafo dedicato al mare (nota di R.H.Clarke), nonché ai modi di dire, a cura del linguista Salvatore Camilleri: infine, una divagazione sul calcio nel ricordo del presidente della squadra locale, Angelo Massimino, e pagine sentite di come Catania può venire interpretata dai visitatori.
Helvétius ha scritto: "On ne vit que le temps qu’on aime", ed a noi pare che tale sentimento, tale atto di amore verso una città alle volte abbattuta, spesso oscura ma dalle infinite potenzialità che solo pochi artefici, magari nel secreto dei templi, riescono ad accendere come prometeica fiaccola, debba esser di molto rinfocolato dalle duecento ed otto pagine di "Catania nella memoria". Rimembranze senza il cui vissuto è solo la morte, ovvero l’oblìo di ogni Luce. Ma per Catania, "con le sue lastre di lava scure, le sue edicole tappezzate di giornali, i suoi cinematografi, le sue pasticcerie affollate, i suoi monumentali orinatoi sfarzosamente illuminati", scriveva in "Giovannino" con malinconica nostalgia l’indimenticato Ercole Patti, che "aveva un’aria alacre ed allegramente funebre", se non può che esservi ancora un futuro non avvolto dal nero manto delle Parche, esso deve necessariamente dipanarsi fra le mani di coloro che l’amano. I quali dimorano, immortalò in un verso cesareo Mario Rapisardi, altro figlio ed innamorato delle nostre contrade, "tra l’Etna ed il mare", i "grandi amici" che vegliano, silenti ed immortali, le soglie del sacrario.

FGio

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